
Presentato in anteprima alla Festa internazionale del film di Roma 2015, tenutasi ad ottobre, Lo chiamavano Jeeg Robot è stata una piacevole sorpresa. La trama, che si svolge nella capitale, vede come protagonista un Claudio Santamaria, ingrassato per l’occasione di 20 chili, interpretare Enzo Ceccotti un delinquente di borgata che nel tentativo fuggire da un inseguimento con la polizia si getta nel Tevere, entrando accidentalmente in contatto con dei bidoni contenenti materiale radioattivo. Inaspettatamente il ladro acquista dei super poteri, quali una forza sovrumana e la capacità di auto guarigione. Se ne accorge mentre aiuta Sergio, un amico vicino di casa, a recuperare della droga. Le cose non vanno per il verso giusto e l’amico ci lascia le penne, mentre il nostro eroe grazie ai super poteri, che ancora non sa di avere, riesce a salvarsi. Tornato a casa, oltre ad affrontare questa nuova situazione, deve vedersela anche con Alessia, la figlia di Sergio, che a causa di un forte esaurimento nervoso crede di vivere nel mondo di Jeeg Robot, il famoso cartone animato giapponese creato da Go-Nagai. La ragazza, dopo aver visto cosa Enzo riesce a fare, lo identifica nell’eroe protagonista del suo mondo fittizio. Inevitabilmente tra i due, a forza di frequentarsi, nasce l’amore. All’inizio l’uomo userà i poteri per proseguire le proprie attività criminali, andando ad intralciare i traffici illeciti della banda dello Zingaro, interpretato da un bravo quanto sorprendente Gianluca Marinelli visto recentemente anche in Non essere cattivo, ultima opera del compianto Claudio Caligari. Le cose, però, precipiteranno a tal punto che a rimetterci sarà Alessia. Questo darà l’input al novello Hiroshi Shiba di usare i suoi poteri a fin di bene, anche perché nel frattempo non sarà più l’unico a possederne. In un finale non privo di colpi di scena inevitabile per Enzo lo scontro con il nuovo super cattivo!
Se nel leggere la trama si può pensare che il film sia prevalentemente una commedia, la sua visione ci mette dinnanzi ad un’opera dove più generi si sovrappongono, e dove la componente fantascientifica è oscurata da quella noir. Che molto prende ispirazione dalla rappresentazione di quella mala romana che tanto ha caratterizzato le opere nate sull’onda del successo di “Romanzo criminale – La serie” diretta da Stefano Sollima, e che in una certa maniera ne è diventato punto di riferimento per la rinascita del genere in Italia. Ed è proprio in questo che il film si discosta dal filone supereroistico americano, perché tutto viene riproposto con un punto di vista nostrano, lasciando ai minimi termini i punti di contatto con il genere di derivazione, non prendendosi perciò mai del tutto sul serio. Da questo punto di vista molteplici sono le scene dove la tensione viene spezzata da quelle battute che come dicevamo sono riconducibili alla dissimulazione figlia della commedia, e dove tutto di conseguenza viene dissacrato.
Oltre all’interpretazione di Claudio Santamaria che risulta più che convincente nella caratterizzazione del ladro di borgata, un perdente che si riscatta facendo suoi i valori che acquisisce attraverso il rapporto con Alessia (Ilenia Pastorelli), c’è anche quella di Gianluca Marinelli, che riesce a dar vita ad un personaggio eclettico come lo Zingaro, che oltre ad essere un capobanda della mala romana coltiva il sogno di diventare un giorno una star della tv. Molto esilaranti sono le sue reinterpretazione di successi italiani anni 80. Un repertorio fatto di classici di Ivano Fossati, Nada, Anna Oxa ecc. che vanno a formare una simpatica e un po vintage colonna sonora. Come d’altronde è vintage il ricordo di un robot come Jeeg, specialmente per chi è stato bambino nel 1978, anno che per la prima volta apparve sui nostri schermi. E solo chi ha vissuto quella stagione può ricordarsi la portata del successo che ebbe questo cartone animato in Italia.
Lo chiamavano Jeeg Robot, è un’opera che da troppo tempo mancava nel panorama cinematografico italiano e di cui si sentiva la mancanza. Il film è un fulmine a ciel sereno che porta nuova linfa vitale al nostro cinema di genere, che per troppo tempo è stato rappresentato da pellicole a scarso budget e dalla scarsa diffusione. Il suo principale punto di forza è dato dalla capacità che ha avuto l’esordiente Mainetti di non guardare più al passato. Il film riscrivendo le regole del genere non corre il rischio di diventare una sbiadita riproposizione del bel tempo che fu. Ci troviamo davanti ad una scommessa vinta che per una volta, vista l’accoglienza entusiastica che avuto il film, ha messo d’accordo sia critica che pubblico. Possiamo solo che unirci ai complimenti fatti al regista e ringraziarlo per averci dimostrato che anche in Italia si può fare qualcosa di nuovo ed originale.
recensione a cura di Roberto Zanni
Categorie:Eroi in costume, Fantascienza, Noir