Attenzione: contiene spoiler
Un western nel freddo invernale è come il mare d’inverno: irreale e suggestivo. A Blackstone, cupa cittadina del Far West, è stato da poco linciato Charlie Dixon, accusato iniquamente di aver rapinato la locale banca e di aver nascosto il malloppo. Hud Dixon, suo fratello e pistolero che indossa sempre un panciotto fatto di maglie di metallo, decide di fare chiarezza e di vendicare il torto familiare.
Prima di recuperare il denaro della rapina, che trova poi sepolto nel cimitero, Hud si confronta con El Diablo, capo di una banda di pericolosi messicani, e con lo sceriffo pacifista della città che ha imposto a tutti di non portare armi nei cinturoni.
Giunto in città, durante uno scontro a fuoco nel saloon, il pistolero uccide Boot, presunto assassino del fratello . Arrestato, riesce a fuggire dalla prigione. E’ inseguito dallo sceriffo che, verificata la sua buona fede, lo aiuta per cercare la verità e la vendetta.
El Diablo ha informazioni preziose che permettono a Hud di capire chi ha ordito il complotto per far ricadere ogni sospetto sul fratello. E’ Virginia Pollywood, sua amica d’infanzia e ora proprietaria della banca che ha simulato la rapina con un complice e ha sostituito i soldi veri, poi occultati, con denaro falso.
Sorpresa da El Diablo nel tentativo di bruciare le false banconote, viene trascinata in città per essere torturata e stuprata dai bravacci messicani. Il capobanda uccide lo sceriffo, ma non può nulla contro la rabbia e la determinazione del pistolero che uccide tutti i banditi e dà fuoco ai soldi, questa volta veri, ritrovati e distrutti per sempre, tra le maledizioni e le ire dei benpensanti cittadini. Hud, ferito nello scontro a fuoco, nell’imprevedibile finale, riesce a sconfiggere anche un gruppetto di giovani che vogliono mettere a ferro e fuoco la città, ormai priva di legge ed autorità.
L’ultima inquadratura lo trova, finalmente appagato, sul suo cavallo, al galoppo verso nuove mete e nuove avventure nel freddo inverno americano.
“Gli specialisti” è uno spaghetti western girato da Sergio Corbucci nel 1969 e fa parte del sottogenere Revenge Movie. Anche la sceneggiatura è di Corbucci, scritta con Sabatino Ciuffini. E’ un film originale, eccentrico e, per alcuni tratti, strampalato. Ci sono i canoni classici del cinema western all’italiana, ma anche alcune trovate legate al periodo storico in cui fu girato (immediato post-sessantotto). Le scelte di messa in scena, le scenografie e gli esterni lo rendono stravagante e particolarmente interessante.
Bizzarro è il titolo che poco attiene alla storia narrata. Leggenda vuole che per specialisti si intendano gli abitanti del paese “specializzati” nelle esecuzioni sommarie; altra versione è quella che il titolo, pensato all’inizio per i produttori francesi, abbia perso di significato a causa della versione finale della sceneggiatura, molto cambiata rispetto all’idea iniziale. Altra nota di originalità è la realizzazione, non usuale per quel cinema di genere uso ad ambientazioni estive, soleggiate, roventi, di esterni girati in inverno con fotografia livida, grigia che, talvolta, vira a paesaggi montani di largo respiro. Ci torna alla mente il più noto “Il grande silenzio” del 1968 dove Corbucci usa freddo e neve come componenti indispensabili per approfondire la tensione del narrato. Ne “Gli specialisti” non c’è neve, ma gli esterni scelti (il film fu girato a Cortina) esaltano l’atmosfera e i rapporti contrastati tra i protagonisti.
Altra singolarità è rappresentata dalla scelta degli attori, molti dei quali alla prima esperienza nel cinema degli spaghetti western. Al debutto nel genere si affaccia Johnny Hallyday, famoso cantante francese, che, come Jean -Louis Trintignant ne “Il grande silenzio”, non verrà più utilizzato nel cinema western, salvo un finto western francese dal titolo “Da dove vieni cowboy” (1963). E’ una interpretazione sufficiente, ma senza spunti nonostante la maschera fosca e triste che cerca di dare al personaggio. Clint Eastwood, come diceva Leone, aveva solo due espressioni: “con il cappello e senza cappello”; Hollyday, con le dovute e chilometriche distanze da Eastwood, non ha nemmeno quelle e il risultato è una unica e monocorde espressione visiva che ci accompagna per tutto il film. Ruolo da vendicatore, pistolero senza patria, onesto e con una breve parentesi amorosa dedicata ad una giovane che lo adora come eroe puro. Un po’ Franco Nero-Django e un po’ Jean-Louis Trintignant –Gordon detto Silenzio. Nella corazza a maglie di ferro, infine, il ricordo ci porta di nuovo al mitico Clint di “Per un pugno di dollari” del 1964.
Corbucci non è il primo e non sarà l’ultimo ad utilizzare cantanti e sportivi in ruoli cinematografici. Ricordiamo, tra gli altri, Nino Benvenuti, Carlos Monzon, Alberto Tomba, Gianni Morandi, Adriano Celentano, Bud Spencer.
Ben diversa è la qualità della recitazione di Gastone Moschin e Mario Adorf che, in coppia per questa unica volta in un western, nobilitano il film di Corbucci. Reciteranno ancora, con successo ben meritato, nel formidabile poliziesco “Milano calibro 9” di Fernando Di Leo del 1972.
Moschin è lo sceriffo del paese, pacifista quanto basta, non vuole pistole nella fondina dei suoi cittadini, ligio alla legge, ma goffo e credulone. Il tema del pacifismo è una trovata ben utilizzata e di moda nel periodo della guerra fredda e della guerra del Vietnam. Adorf è il villain, capobanda senza un braccio che terrorizza i buoni del paese e i cattivi della sua banda. Uccide, fa torturare e stuprare, ma sarà ucciso per la sua cattiveria. Corbucci non resiste alla parentesi goliardica facendo azzuffare i due in un improbabile duello a colpi di testate nella gara-sfida del “cabezon” dove prevale chi ha la testa più dura. Scena da amanti del genere. Completano il cast Francoise Fabian, spregevole padrona della banca che organizza la rapina e la morte del fratello di Hud, Angela Luce proprietaria del saloon, Sylvie Fennec giovane innamorata di Hud e Serge Marquand nel ruolo del sicario.
Tra le stranezze del dettato filmico ha rilevanza la presenza di un gruppo di ragazzi che, anche qui in ossequio agli usi e alle mode del periodo, si propongono come hippies e fricchettoni, fumando hashish e proponendo temi libertari. Nel paradossale finale si impossessano, a sceriffo morto, del “potere proletario” e fanno spogliare integralmente tutti i cittadini presenti. Solo l’intervento di Hud fa tornare la normalità e i giovani rivoluzionari, scornati, devono darsela a gambe, sconfitti e umiliati. Le ultime scene con i nudi, pur di spalle, furono oggetto di censura da parte dei produttori francesi, causando anche forti rimostranze da parte del regista romano.
Corbucci, in questa opera, ha voluto giocare mischiando le carte dei canoni del western italiano classico (c’è anche il vecchio becchino e il giocatore professionista nel saloon) con qualche vena appena comica e alcuni richiami alla quotidianità politica e sociale che lo spettatore più preparato puo’ riconoscere nello svolgimento del dramma che vivono i protagonisti. Assesta qualche colpo alla borghesia del tempo e, con il falò del denaro della banca, ne smitizza il ruolo di classe prevaricante, ma non risparmia i finti e pavidi rivoluzionari del momento che risultano, alla fine, mortificati e ridimensionati.
Film di poche sparatorie, ma di grande tensione scenica che sale sempre di più a mano a mano che la pellicola sviluppa e accentua il tragico role playng tra i personaggi. Non il miglior western di Corbucci, ma chi apprezza il genere rimane sorpreso da tante piccole e grandi idee che rendono ancora oggi il film godibile ed apprezzabile. Per noi che riteniamo il cineasta romano tra i più eclettici e bravi del cinema italiano, è film da non perdere.
Sergio Corbucci (1927-1990), fratello di Bruno Corbucci, approccia il cinema da giovane giornalista; nel 1951 è aiuto regista nel film “Santa Lucia luntana” di Aldo Vergano e dirige la sua prima pellicola “Salvate mia figlia” nel 1952. Da quel momento inizia un lungo percorso da regista di film di genere dagli anni cinquanta alla fine degli anni ottanta. Musicarelli, commedie, peplum e naturalmente spaghetti western. Oltre a sette film con Totò protagonista, lo ricordiamo, con Leone, Tessari e Sollima, tra i più importanti registi del western italiano. Non possiamo dimenticare titoli come “Django”(1966), “Minnesota Clay”(1965), “Navajo Joe”(1966) e il bellissimo “Il grande silenzio”(1967) per citare qualche diamante da vedere. Molti gli attori formati alla sua scuola che gli devono fama e celebrità.
Usava dire: “Ford aveva John Wayne, Leone aveva Clint Eastwood, io ho Franco Nero” e non è cosa da poco, aggiungiamo noi. Grande artigiano e grande talento della settima arte.
Voti e giudizi della critica sul film:
Morandini: Critica 1,5 su 5; pubblico 3 su 5.”Western di serie che fa perno sulla violenza sfruttato in esasperata chiave sadomasochistica”; Mereghetti:2 su 5; Farinotti.2 su 5; Segnalazioni cinematografiche: “Un western artificioso e scontato, mediocre”; Marco Giusti: “Notevole per storia e personaggi, a metà tra il truce e il comicarolo; decisamente moderno e ben riuscito”; Matteo Mancini 3,5 su 5:”Da avere assolutamente in videoteca: ben interpretato, diretto bene anche se con ritmo lento che accelera progressivamente fino a giungere al finale delirante che lo rende un cult assoluto”.
Frasi:
-Sheba: “Si può vivere senza violenza, senza uccisioni,senza dolore”;
-Hud:”Non smettere di bere … divento nervoso quando qualcuno smette di bere”;
-Sceriffo:”Fucili e pistole fanno venire brutte tentazioni”;
-El Diablo:”Siete un popolo di mierda, perché solo un popolo di mierda può farsi fregare da una mujer!”.
Frasi di lancio:
“Il film western ha questa volta superato se stesso! Incalzante nell’azione, splendido nei colori, indovinato nella scelta degli attori! – Della violenza…della legge…della vendetta…essi erano…GLI SPECIALISTI.”
“Feroci, scrupolosi, scientifici –quando lavoravano non lasciavano nulla al caso”.
Curiosità:
Uno dei ragazzi ribelli dichiara di chiamarsi Rosencrantz come il cortigiano e personaggio minore dell’Amleto di William Shakespeare;
Si è parlato di una proposta per un ruolo a Lee Van Cleef, smentita poi da Corbucci, che, in seguito richiede la partecipazione di Gastone Moschin che accetta;
Il film ebbe ottimo successo in Francia, più modesto il botteghino in Italia;
Corbucci è definito da Quentin Tarantino uno dei più grandi cineasti dello spaghetti western.
Desidero, infine, segnalare l’ottimo libro “Spaghetti western-volume 3” di Matteo Mancini dal quale ho tratto utili ed importanti informazioni tecniche per realizzare questa recensione.
Il film è stato pubblicato in DVD (clicca qui per saperne di più).
Regia: Sergio Corbucci; Soggetto: Sergio Corbucci, Sabatino Ciuffini; Sceneggiatura: Sergio Corbucci, Sabatino Ciuffini; Interpreti: Jolmny Hallyday (Hud), Gastone Moschin (sceriffo), Mario Adorf (el Diablo), Françoise Fabian (Virginia Pollywood), Sylvie Fennec (Sheba), Gino Pernice (Cabot), Serge Marquand (Boot), Angela Luce (Valencia), Mimmo Poli (barman), Andres José Cruz (Cruz), Gabriella Tavernese (Aiché), Stefano Cattarossi (Bill), Christian Belaygue (Rudy), Renato Pinciroli (Lord), Remo De Angelis (Romero), Brizio Montinaro, Lucio Rosato, Franco Marletta, Riccardo Domenici [Arturo Dominici], Mario Castellani (Woody), Franco Castellani (giudice); Fotografia: Dario Di Palma; Musica: Angelo Francesco Lavagnino; Scenografia: Enrico Job; Montaggio: Elsa Armanni; Suono: Umberto Picistrelli; Produzione: Adelphia Compagnia Cinematografica, Films Marceau, Paris, Neue Emelka, München; Distribuzione: Magna; censura: 55050 del 18-11-1969.
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