Davide Bias, giovane pubblicitario, vive a Milano e sogna di sfondare come scrittore. Le sue frustrate aspettative artistiche, nonché il tormentato e inespresso rapporto col padre Ettore (sceneggiatore di b movies degli anni ’70/’80, e questo ci piace!), portano Davide a un conflitto interiore, a un’insoddisfazione e senso di inferiorità che cerca di tenere a bada con l’uso di psicofarmaci. Un giorno, il padre muore, e Davide viene contattato da un’ affascinante signora che gli propone di portare a termine l’autobiografia, incompleta, del padre…
Da anni non seguo più il cinema italiano, perché ritengo sia morto sul finire degli anni ’90, con la scomparsa dei generi…però ero curioso di vedere questo ragazzo d’oro, piú che altro per la presenza di Sharon Stone e perchè, in fondo, Scamarcio mi è simpatico. Pensavo di trovarmi di fronte ad una commedia amara, sulla scia di “Regalo di Natale“, ma mi sbagliavo. È un film d’autore, nel senso deteriore del termine…un esercizio di stile (e neanche troppo), fine a se stesso; all’inizio si ha l’impressione che stia per succedere qualcosa, e la prima parte si segue con un certo interesse, poi ci si accorge che non succederà un bel niente e ci si trascina, noiosamente, verso lo scontato finale. Due momenti cult, a dire il vero ci sono… di involontario umorismo: quando Scamarcio e la madre assistono pieni di aspettative al film tratto dall’ultimo copione del padre/marito e si ritrovano di fronte ad una commedia pecoreccia con dialoghi alla amore tossico, e quando la Stone riceve Scamarcio nel suo studio e si tira su la gonna pudicamente…come a dire: qui non sei in Basic Instinct! Puro metacinema e citazionismo de noantri. Scamarcio non è male, ma fuori parte; non è credibile nel ruolo del depresso perché risulta essere troppo simpatico; in fondo…si capisce che non vede l’ora di lasciare il set per farsi una birra tra amici. Giovanna Ralli convince poco, forse perché asservita ad un copione mediocre, e Sharon Stone fa la sua marchetta italiana senza infamia e senza lode, come tanti attori americani in disarmo che frequentarono i set nostrani in limitar di carriera, sul finire degli anni ’70. Cosa resta, alla fine, di positivo? Una Roma poco riconoscibile, astratta, quasi provinciale…con quei palazzi in stile vittoriano nascosti dagli alberi che un po’ ricordano Macabro…guarda caso, prodotto dagli Avati. Poco, per essere Cinema.