Fra gli autori italiani degli anni sessanta e settanta rilanciati da Quentin Tarantino c’è anche il regista e sceneggiatore Sergio Grieco (1917-1982). Basti ricordare l’omaggio che gli tributa l’americano nel film Jackie Brown, quando i personaggi Ordell e Louis, rispettivamente interpretati da Samuel Jackson e Robert De Niro, guardano con partecipazione “La belva col mitra” (1977), una delle ultime pellicole dirette dal veneto, mentre è trasmessa in TV.
In vent’anni circa di carriera, Sergio Grieco si è sperimentato in molti film di genere, dalla commedia al melò, dal fantaspionaggio all’avventuroso e con esiti che a volte sorprendono, in quanto vanno al di là del cinema di genere, esprimendo anche originali posizioni filosofiche e antropologiche da parte del regista.
E’ il caso de “Il sergente Klems”, film di guerra e avventura, che comunque è anche film d’autore, nell’accezione che si da al termine, quando si vuole sottolineare una qualità superiore alla media e un tocco personale all’opera che trascende i clichè. Crediamo infatti che il soggetto sarebbe piaciuto al poeta della trasformazione, David Cronenberg e anche al De Sica de “Il generale della Rovere”.
Qui si narra del dramma camaleontico di un uomo, un soldato tedesco (l’attore Peter Strauss) , costretto ad assumere un’altra identità per sfuggire ad un destino di morte per esecuzione, ma che alla lunga, nonostante lo ‘spaesamento’ e ‘snaturamento’, si trova perfettamente nei panni di quest’ultimo, con il proprio coinvolgimento sanguinoso in altre battaglie, in cui, ad un certo punto, muterà nuovamente ‘colore’ e persino religione, affiancandosi ai patrioti marocchini di credo musulmano.
Sembra infatti che il paradosso esistenziale espresso sia quello di una coerenza di fondo dell’animo del protagonista – con il suo anelito alla giustizia nonostante il suo personaggio non nasca come profilo tipicamente eroico , anzi, il contrario come dimostra la scena iniziale che lo vede tremante davanti al plotone d’esecuzione- pur nelle sue continue trasformazioni radicali.
Il film si apre con una lunga e suggestiva ‘soggettiva’ di questo soldato tedesco, unico superstite di una sanguinosa battaglia durante la prima guerra mondiale, sul fronte di Artois. Egli si aggira esausto e atterrito fra i corpi di compagni e nemici, fino a che non decide di vestire la divisa di un francese per dissimulare la propria origine teutonica.
La fotografia in bianco e nero di Stelvio Massi – l’autore di tanti poliziotteschi – risulta molto efficace per la drammatizzazione angosciosa delle immagini.
Dopo uno stacco temporale da questa sequenza ritroviamo lo stesso soldato tedesco tremulo e terrorizzato poiché in procinto di essere fucilato dai francesi, in quanto scoperto e trattato da spia.
Ma egli ha un colpo di fortuna e grazie alla generosità d’animo di un sergente legionario di nome Otto Klems, anche lui condannato a morte, si salva spacciandosi a sua volta per legionario straniero e impossessandosi della sua identità.
Altro stacco e stavolta con il passaggio al colore, si vede il neo sergente Klems impegnato in una guerra in Marocco al soldo della legione straniera; ma di lì a poco la vedova del vero klems (la bella attrice Luciana Paluzzi), che disperatamente era in cerca del marito scomparso in guerra, scopre l’impostore il quale le confessa con commozione sincera di essere stato salvato dal suo sposo attraverso l’offerta generosa della sua identità in punto di morte.
La donna mostra dunque empatia e pietà di lui e non lo denuncia, calandosi nei panni di quell’uomo che pare vivere ancora in una piena crisi d’identità, quando afferma di sentirsi come morto a sua volta e alla ricerca di sé stesso: “Qui ( in guerra) quando uno scompare dentro una divisa, soltanto il passato può farlo sentire vivo. Ma ecco che oggi mi trovo con il passato di un altro”
E le trasformazioni non si limitano a questo. Ad un certo punto il protagonista della storia, rischiando nuovamente la corte marziale, abiurerà anche alla propria religione e unendosi ai ribelli marocchini della Rif, oppressi ingiustamente dagli spagnoli, abbraccerà sinceramente la causa e la religione musulmana, cambiando il proprio nome in quello di El-hadj Alemàn, sposando una donna del luogo secondo rito arabo e aiutando i ribelli ad utilizzare l’artiglieria pesante.
Il finale del film non è consolatorio, infatti, dopo qualche anno di efficace resistenza, Francia e Spagna creano un esercito congiunto armato con mezzi letali e per i Rifani non c’è più possibilità di scampo. Così, per eviate un inutile strage di innocenti in quello che è diventato il suo vero popolo, Abd el-Krim si arrende. Esiliato, egli – di nuovo come. sergente Klems – viene processato per diserzione e “alto tradimento”. Condannato all’ergastolo, nella Guyana, vi morirà tristemente.
Regia: Sergio Grieco; Sceneggiatura: Bruno Di Geronimo, Sergio Grieco, Francesco Mazzei; Interpreti: Peter Strauss (serg. Otto Joseph Klems), Tina Aumont (Leyda), Pier Paolo Capponi (Mohamed Abdel Krim), Luciana Paluzzi (Frida), Massimo Serato (generale francese), Renato Rossini [Howard Ross] (Hamed), Franco Ressel (maggiore), Pasquale Basile, Mario Donen, Giuseppe Castellano (sergente Granval), Dada Gallotti (Severina), Peter Berling (legionario), Rossella Como (signorina Schinn, giornalista), Massimo Righi (altro legionario), Calisto Calisti, Raffaele Curi, Consalvo Dell’Arti, Claudio Trionfi, Francesco D’Adda, Gianni Naitana; Fotografia: Stelvio Massi; Musica: Carlo Rustichelli; Costumi: Mario Giorsi; Scenografia: Giovanni Fratalocchi, Dario Micheli, Elena Ricci; Montaggio: Gabrio Astori; Suono: Gianni Zampagni; Produzione: Julia Film
Distribuzione: Panta Cinematografica; censura: 59310 del 20-11-1971
Recensione di Massimiliano Bellino
Categorie:guerra, Opera letteraria, Storico