ATTENZIONE CONTIENE SPOILER “Il denaro non è un’automobile che la tieni ferma in un garage: è come un cavallo, deve mangiare tutti i giorni.” Napoli, primi anni sessanta del secolo scorso e pochi mesi prima delle elezioni comunali. Edoardo Nottola, imprenditore edile e consigliere comunale della destra, illustra ai fidati amici e colleghi della sua corrente di partito, la sua visione del mondo, degli affari e della politica. Utilizzando una vasta zona agricola situata ai margini della città, egli intende dar vita alla grande espansione edilizia che cementificherà tutta l’area. La connivenza della maggioranza del consiglio comunale, complice a suon di denaro e di favori, gli permetterà l’illecita manovra speculativa. Davanti a quel lucroso affare è arrogante: “Quello è l’oro oggi. E chi te lo dà? Il commercio? L’industria? L’avvenire industriale del Mezzogiorno, sì! Investili i tuoi soldi in una fabbrica: sindacati, rivendicazioni, scioperi, cassa malattia. Ti fanno venire l’infarto cu stì cose!” Qualche giorno dopo il segreto incontro, nel centro di Napoli, crolla un fatiscente palazzo, anch’esso oggetto di speculazione della società di Nottola. Il cedimento dell’immobile provoca due morti e alcuni feriti gravi. Per il consigliere dell’opposizione De Vita è l’occasione attesa per scatenare violente polemiche e ottenere una commissione d’inchiesta per svolgere le opportune indagini. Tra mille difficoltà ed ostacoli burocratici, la commissione termina i suoi lavori nel fallimento dell’accertamento delle responsabilità. In città, intanto, crescono le contestazioni nei confronti di Nottola che ha tentato, con la forza e l’intervento della polizia, di sgomberare le case adiacenti a quella franata, provocando le proteste della povera gente residente, dei giornali cittadini e dell’opinione pubblica. A Nottola che ha ambizioni da assessore all’edilizia, viene addirittura chiesto, dal capogruppo Maglione, di non ricandidarsi alle imminenti elezioni comunali. Tutto sembra perduto, ma lo scaltro palazzinaro gioca la sua ultima carta. Si dimette dal gruppo politico e, con alcuni consiglieri fidati, si ricandida per proprio conto. Alla fine risulta eletto consigliere insieme ai suoi più fedeli amici. Nel giorno dell’insediamento del nuovo sindaco, cattolico di centro, viene tutto rinegoziato e, grazie alle infami trattative ove prevalgono gli interessi personali, Nottola viene nominato assessore all’edilizia. Nella piana della speculazione, alla presenza del ministro giunto da Roma, dell’immancabile arcivescovo, del sindaco e di tutta la complice maggioranza della giunta, può essere, finalmente, inaugurato il progetto per l’ennesimo “sacco” edilizio dei boiardi politici. “Le mani sulla città” venne girato, nel 1963, da Francesco Rosi dopo il grande successo conquistato, l’anno prima, con “Salvatore Giuliano” che ottenne importanti incassi e consenso della critica e del pubblico. Il film fu premiato a Berlino (orso d’argento) e vinse tre nastri d’argento nel 1963. Aprì la strada a Rosi per sviluppare, grazie al suo grande talento,l’ impegno civile nel cinema degli anni a venire. Con attenta analisi possiamo dire che “Salvatore Giuliano” e“Le mani sulla città” hanno uno stretto collegamento. Come affermato dalla stesso Rosi, il regista volle fare a Napoli quello che aveva fatto in Sicilia: porre alla attenzione del pubblico, poco abituato fino ad allora all’interesse per la storia della nazione, le sofferenze e le ingiustizie che ebbero a subire i popoli del sud per mano della politica e della malavita. L’indagine, quasi giornalistica e puntuale sugli avvenimenti di sangue siciliani, fu trasferita alla denuncia e all’osservazione del malaffare e della speculazione edilizia napoletana. Nasce, con accenti di parte politica, l’ esplorazione dei fatti elaborati nel messaggio del cinema. Lunga e capillare la scrittura della sceneggiatura che porta Rosi, La Capria, Provenzale e Forcella nei vicoli della città partenopea, alla scoperta del “ventre” di Napoli per cogliere al meglio l’essenza della città. Assistono ai consigli comunali, parlano con i politici dell’ opposizione che diventano, poi, a loro volta, le comparse e, per Carlo Fermariello, i protagonisti del film. Veri politici nel set del consiglio comunale poi fedelmente ricostruito a Roma. Da un episodio davvero avvenuto a Napoli, nasce l’idea del crollo del palazzo da inserire nel film come evento che porta alla luce la speculazione. Rosi fa, per davvero, ricostruire un’ala di palazzo pericolante e, tra lo stupore dei napoletani, inconsapevoli passanti, lo fa abbattere per girare le scene, tutte “buona la prima”. Il film non ha pause di riflessione. E’ serrato e diretto per evidenziare al massimo la natura della indagine dai toni scandalistici che il regista partenopeo intende fornire. La verifica dell’aggressione del potere è riscontrabile nelle cose e nei luoghi: l’ufficio di Nottola, con la pianta della città stampata sui muri, gli uffici fumosi dove si esercita l’autorità dei padroni della città, i manifesti elettorali, totem della Napoli aggredita dal potere,le misere banconote distribuite ai poveri diavoli per comperare la loro schiavitù elettorale. Ogni scena rivela la composizione del quadro accusatorio e l’inchiesta procede fino all’ineluttabile finale. Vincono gli speculatori, i politici corrotti che sono coadiuvati dallo stato centrale e benedetti dal clero ossequioso. Il sacco della città può continuare secondo lo schema dell’illusione della democrazia applicata ai cittadini ignoranti o, peggio ancora, collusi. “Le nostre mani sono pulite” gridano in aula consiliare i rappresentanti dei partiti della maggioranza ed è inevitabile l’allusione al titolo del film. Nella scena si palesa, senza remore, la menzogna fatta politica che diverrà memoria, con le opportune modificazioni dei fatti e dei corpi di reato, dei tanti scandali che si ripeteranno nel tempo. Nottola, uomo d’affari vicino al fallimento, cerca, nella non rimandabile “discesa in campo”, l’ultima possibilità per salvare le sue attività sviluppate con illeciti e corruzione. Uomo senza scrupoli, un vero self made man. A oltre cinquant’anni dalla realizzazione, il film è sorprendentemente attuale, rappresentativo della realtà e anticipatore di temi e persone che ritroveremo dagli anni novanta in poi. Da “Le mani sulla città” la politica entra di diritto tra i temi cinematografici, censura permettendo, che possano essere affrontati non solo come ossequio o compiacimento del potere. Luigi Zampa,ad esempio, nel 1953, con “Anni facili” aveva osato uscire dagli schemi e ne aveva pagato le conseguenze con forti critiche. Rosi infrange il tabù, ha il coraggio di nominare partiti politici (dalla democrazia cristiana, alla destra del movimento sociale, al partito comunista) e di collegarli a scandali e malcostume. E’ solo l’inizio di una lunga avventura da regista che non avrà paura dei “delitti eccellenti”, del “caso Mattei”, degli “uomini contro” e di tanto altro. La fotografia è di Gianni Di Venanzo, bianco e nero vivido e lucido del fotografo de “L’eclissi” di Antonioni, “8 ½” di Fellini, “I basilischi” della Wertmuller, tra i tantissimi film cui collaborò. Colonna sonora di Piero Piccioni, essenziale e in stile vagamente jazzistico. La scelta degli attori è vincente. Nottola è l’ottimo Rod Steiger, che Rosi fece venire apposta dal Canada dove recitava in teatro il “Moby Dick”, messo in scena da Orson Welles. Accettò subito il ruolo. Rosi lo portò in giro per Napoli, per le strade, nei vicoli, al consiglio comunale, per fargli capire i comportamenti e la “napoletanità” che doveva portare sullo schermo Fu, per ovvie ragioni, l’unico attore doppiato, con la bellissima voce di Aldo Giuffrè. Steiger è convincente nella parte, scrutato dalla mdp in significativi primissimi piani. Da segnalare Carlo Fermariello, vero consigliere del PCI, che si interpreta nel ruolo di De Vita. Ci sono anche i bravi Salvo Randone e Guido Alberti. Il film ebbe moltissimo successo tra il pubblico e quasi tutta la critica lo elogiò.Gino Visentini fu licenziato dal “Giornale d’Italia” per averne parlato troppo bene sulle colonne del giornale. Gian Luigi Rondi scrisse “No,no,no, non venitemi a dire che questo è cinema!” Qualche anno dopo confessò in televisione: “La mia opinione aveva ragioni politiche, non professionali. Non ero della stessa idea di Rosi”. Nel panorama del cinema italiano Rosi ha portato un vento di modernità stilistica e investigativa. Sarà la missione di una vita dedicata con tanto onore e bravura alla regia. In “Le mani sulla città”, non solo ha colto le storture del malaffare politico nel momento storico che viveva, ma ha anticipato, inconsapevole preveggente, il racconto che ,dallo scandalo di “mani pulite”in poi, ha contraddistinto la crisi della democrazia che conosciamo oggi. Un film da vedere con grande attenzione, essendo il prodotto di quel grande maestro del cinema che fece dell’impegno sociale la sua ragione di vita e che, proprio per questo, è meritevole di ammirazione. Curiosità: -A Rod Steiger furono tagliati i capelli nella maniera espressamente richiesta da Rosi. Per l’attore venne confezionato appositamente un cappotto di cammello che per tutto il film ne fu segno distintivo. A riprese concluse volle portarselo con sé come ricordo dell’esperienza. -Nel consiglio comunale, come d’uso all’epoca, non vi era nessuna consigliera donna. Nel film l’unica partecipazione femminile di rilievo è quella di Dany Paris, amante svampita del consigliere Maglione. -Il film, a Napoli, ebbe grande successo. Il comandante Lauro, sindaco di destra della città, convocò il consiglio comunale per condannare il film.
-Dopo la realizzazione del film Rosi fu contattato dal partito comunista e dal partito socialista per diventare candidato sindaco di Napoli. Proposta respinta.
-Al Festival di Venezia del 1963 fu premiato con il massimo riconoscimento: il Leone d’oro.
-A Napoli Rosi dedicò, oltre a “Le mani sulla città, altre regie o richiami alla città in: “La sfida” (1958), “Lucky Luciano” (1973), “Cadaveri eccellenti” (1976) e “Tre fratelli” (1981). Per la televisione diresse “Diario napoletano” (1992). -Rosi fu aiuto regista di Visconti in “La terra trema” (1948) e in “Senso” (1954) oltre che cosceneggiatore per “Bellissima” (1951). Il suo maestro soleva dire che” le riprese di un film devono cominciare dalle scene più costose così se, verso la fine della lavorazione, i soldi scarseggiano, non si rischia di rinunciare a scene importanti”. Ligio all’insegnamento, per “Le mani sulla città”, i primi ciak furono dedicati al crollo dell’edificio ricostruito e poi abbattuto per l’occasione.
Il film è stato pubblicato sia in Blu-ray che in DVD (clicca qui per saperne di più).
Regia: Francesco Rosi Soggetto: Francesco Rosi, Raffaele La Capria Sceneggiatura: Francesco Rosi, Raffaele La Capria, Enzo Provenzale, Enzo Forcella Interpreti: Rod Steiger (Edoardo Nottola), Salvo Randone (De Angelis), Guido Alberti (Maglione), Angelo D’Alessandro (Balsamo), Carlo Fermariello (De Vita), Marcello Cannavale (amico di Nottola), Alberto Canocchia, Gaetano Grimaldi Filioli (altri amci di Nottola), Terenzio Cordova (commissario), Dante Di Pinto(presidente della commissione), Dany Paris (I’amante di Maglione), Alberto Amato (un consigliere), Vincenzo Metafora (sindaco), Pasquale Martino (capo dell’archivio), Mario Perelli (capo dell’ufficio tecnico), Renato Terra Caizzi [Renato Terra] (giornalista) Fotografia: Gianni Di Venanzo Musica: Piero Piccioni Costumi Marilù Carteny Scenografia: Sergio Canevari Montaggio Mario Serandrei Suono: Vittorio Trentino Produzione: Galatea Distribuzione: Dear International censura: 41137 del 10-09-1963
Recensione a cura di: Dino Marin
Categorie:Drammatico