Poliziesco e noir

GIOVENTU’ PERDUTA (1948) di Pietro Germi -recensione del film

Stefano Manfredi è un giovane di buona famiglia che si dedica al crimine per noia, immoralità ed evidenti disturbi sociopatici più che per necessità. Marcello, ispettore di polizia, s’infiltra all’interno della famiglia del giovane come corteggiatore della sorella Luisa – la quale finisce per innamorarsene seriamente. Sfruttando il ruolo di docente universitario del padre, Stefano organizza l’ennesimo colpo, svuotando la cassaforte dell’ateneo, ma, come nei precedenti colpi, anche questa volta ci scappa il morto. Finirà intrappolato da Marcello, il quale non lesina di ricattare la “bella” del bandito – una cantante di pianobar già nota alla polizia. Intrigante “noir” cui nuocciono le irrinunciabili parentesi sentimentali che un ricco stuolo di sceneggiatori – oltre a Germi, anche soggettista, troviamo Mario Monicelli (Brivido, 1941 di Giacomo Gentilomo), Antonio Pietrangeli (in seguito autore di una dozzina di film come Adua e le compagne, 1960), Enzo Provenzale (noto soprattutto come direttore di produzione: Il gattopardo, 1963 di Luchino Visconti), Leopoldo Trieste (I fuorilegge, 1950 di Aldo Vergano) e Bruno Valeri (tra gli autori di uno dei progetti più bizzarri del cinema italiano, quel Cose da pazzi, diretto nel 1954 da Georg Wilhelm Pabst per Bruno Paolinelli) – inanellano, spezzettando un po’ troppo il “plot” principale. Per fortuna, Germi si preoccupa principalmente del ritratto di Stefano, sottolineando la sua cronica incapacità di provare sentimenti ed empatia, protetto dalla cecità di tutti i suoi famigliari, a partire – in una scelta melodrammaticamente ideale, quanto terribilmente scontata per gli sviluppi del racconto – dalla sorella Luisa. Ed è soprattutto l’algida e al tempo stesso intensa caratterizzazione che ne fa Jacques Sernas (al suo terzo film, dopo l’esordio l’anno precedente in Miroir / Maschera di sangue, 1947 di Raymond Lamy) a dare lustro a questa produzione di Carlo Ponti (Albergo Luna, camera 34, 1946 di Carlo Ludovico Bragaglia), fornendo un antagonista fuori dal coro, con i suoi evidenti distubi psicologici e affatto vittima dell’ambiente circostante. Germi (In nome della legge, 1949) la dirige con solida mano nei momenti drammatici, lasciandosi andare nei momenti più scopertamente romantici – con l’eccezione dell’omicidio dell’ingenua Maria, brillantemente coordinato lungo le sponde dell’Aniene. Brava, a questo proposito, Franca Maresa, afflitta da un intenso e candido amore che la lascia indifesa alla mercé del cinismo dell’oggetto della sua passione; come anche la sulfurea sciantosa Diana Borghese (alla sua unica apparizione su uno schermo), mentre per momenti appaiono un po’ laschi i due protagonisti Carla Del Poggio (proveniente da Caccia tragica, 1947 di Giuseppe De Santis) e Massimo Girotti (Harlem, 1943 di Carmine Gallone)

gioventù perduta locandina

Regia: Pietro Germi Soggetto: Pietro Germi Sceneggiatura: Mario Monicelli, Antonio Pietrangeli, Enzo Provenzale, Leopoldo Trieste, Bruno Valeri, Pietro Germi, Enrico Ribulsi Interpreti: Carla Del Poggio (Luisa), Massimo Girotti (Marcello), Jacques Sernas (Stefano), Franca Maresa (Maria), Diana Borghese (Stella), Nando Bruno (commissario), Leo Garavaglia (prof. Pietro Manfredi), Dino Maronetto (Berto), Giorgio Metrailler, Emma Baron (signora Manfredi), Michele Sakara, Angelo Dessy, Enrico Urbini, Franco Pesce, Lando Sguazzini, Michele Riccardini, Leda Vallini Fotografia: Carlo Montuori Musica: Carlo Rustichelli Scenografia: Gianni Mazzocca Montaggio: Renato May [Patucchi Renato] Produzione: Lux Film Distribuzione: Lux Film Censura: 3377 del 18-01-1948

Recensione a cura di:
Alessandro M. Colombo (c)

 

Categorie:Poliziesco e noir

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