Il cinema italiano si scopre cinecomics con garbo e con gusto grazie alla direzione artistica e alla lungimirante regia di Igort, maestro di matita e ora squisito e visionario regista di un film noir bellissimo dai toni cupi e dalla fotografia magistrale. Ambientato in una desertica, piovosa, malinconica ma violenta Napoli degli anni settanta, dopo 13 anni di duro lavoro, la trasposizione della graphic novel del disegnatore Igor Tuveri, prende vita grazie a una narrazione orale e visiva di gran mestiere, perfettamente ricalcata sulle fattezze di un Toni Servillo in stato di grazia che si aggira dolorosamente in impermeabile e cappello come un’ ombra disegnata sui muri, nella nebbia della sua città perduta. La vicenda narra di un sicario in pensione, Peppino Lo Cicero, che ormai stanco e disilluso dalla precedente vita di guappo, è prepotentemente indotto a tornare a combattere, per vendicare la morte violenta dell’ amatissimo figlio Nino, in un personalissimo e retto viaggio morale in cerca di verità e di redenzione attraverso Madonne piangenti, candele dalla luce soffusa eppur vibranti come la sua coscienza. Suddiviso in cinque capitoli introdotti dalle pose plastiche e maledettamente fumettistiche di Servillo, il protagonista è aiutato nella sua sanguinosa rappresaglia verso i clan camorristici rivali e non solo, dall’ amico di sempre Totò, O’ Macellaio, interpretato da un perfetto comprimario Carlo Buccirosso, e dall’ amante da lui sempre innamorata, Rita (Valeria Golino). Perfette e coreografiche le scene di sparatorie che nulla hanno da invidiare ai più blasonati film d’ oltreoceano, struggente l’escamotage del flashback per ricordare i momenti più delicati e intimi vissuti dal protagonista assieme al figlio, attraverso i fantomatici fumetti dell’eroe Uomo Gatto, identificatosi idealista e sostenitore del dominio del bene sul male, che imparerà a suo spese, in un destino ineluttabile e non reversibile segnato dal suo stesso background natio, che la realtà è ben diversa dalla favola.
Il tradimento estremo, scoperto dopo la dipartita in un paese lontano dove essere finalmente in pace, libero, sarà la degna chiusa del vagabondare nero inchiostro, del vinto antieroe, tra le stradine piovose dei quartieri spagnoli, in un fiume d’acqua che si unisce ora al sangue, ora alle lacrime delle sue tante Madonne.
Menzione d’onore alla colonna sonora, con pezzi dello stesso Igort, e al montaggio sonoro sorretto da una presa diretta ineguagliabile.
Recensione di Alessia Brioschi