Pover’ammore nasce da una canzone scritta da Nino D’Angelo e musicata da Antonio Russo, incisa per la prima volta da Mario Trevi, nel 1979, portata al successo da Carmelo Zappulla, incisa anche da D’Angelo e inserita nell’album Celebrità (1980). Il cantante neomelodico Carmelo Zappulla – siciliano di nascita ma napoletano d’adozione – interpreta una sceneggiata teatrale scritta da Alberto Sciotti con identico titolo, quindi un film (1982) diretto dal debuttante Vincenzo Salviani, aiutato sul set dal più esperto Fernando di Leo. Pover’ammore porta un po’ di fama al cantante, che nel 2005 festeggia 25 anni di carriera al Palapartenope di Napoli e invita Trevi come ospite d’onore per duettare insieme. Fare l’attore non era la prima scelta di Zappulla, ma nei primi anni Ottanta il cantante neomelodico conquista una buona fetta di pubblico grazie al successo di Nino D’Angelo, proponendosi come suo discreto imitatore. La sceneggiata al cinema, rivista in salsa moderna, prevede immodificabili cliché che prendono le mosse dal testo di una canzone sviluppandosi secondo le regole di un tradimento, un rimorso, un amore conteso, un malamente da sconfiggere, un matrimonio da difendere. Pover’ammore racconta la storia di Carmelo (Zappulla), camionista napoletano sposato con Maria (Polito), irretito dalla sensuale Lisa (Fumetto) e incastrato da un contrabbandiere (Merenda), che prima tradisce la moglie abbandonandola insieme alla figlia, poi si pente e torna da lei in punto di morte, mentre sta mettendo al mondo il tanto desiderato figlio maschio. Zappulla canta due canzoni neomelodiche: Te voglio tanto bene e Pover’ammore, la seconda davvero straziante, di fronte alla statua della Madonna per chiedere la grazia di salvare la compagna in fin di vita. Pover’ammore non è lacrima movie come qualche critico frettoloso (me compreso, alcuni anni fa) ha scritto, non sono dei ragazzi a morire dopo lunga malattia, ma la moglie dopo una tragica sequenza in ospedale che riconduce il marito sulla retta via. Sceneggiata pura, quindi, con intermezzi comici abbastanza nefasti condotti dalla coppia pugliese Nicola Pignataro e Mariolina Fano, una spruzzatina di noir data dalla presenza di Luc Merenda nei panni del contrabbandiere e una parte sexy nelle mani di Rosa Fumetto (la torinese Patrizia Novarini), spogliarellista del Crazy Horse. Diciamo che la sola vera attrice del film è Lina Polito, nei panni della moglie fedele e santa – come regola della sceneggiata – di un marito fedifrago e sciupafemmine come Zappulla. Rosa Fumetto resta famosa per il suo lato b, considerato perfetto come rotondità, al punto che viene scelta per la pubblicità degli slip Roberta prima della Hunziker, battendo niente meno che Nadia Cassini. Recitare è un’altra cosa, proprio altro da lei, diciamolo, ma in questo film incarna a dovere la presenza sexy che porta fuori dalla retta via un marito innamorato. Da citare una parte comica dove Pignataro e Fano tentano di rifare (in versione molto bassa) la famosa lettera di Totò e Peppino, con il primo che commette errori di ortografia a ripetizione. Da salvare una buona fotografia napoletana, i quartieri spagnoli e le povere abitazioni proletarie ricostruite alla De Paolis. La sceneggiatura è costruita su una concentrazione di luoghi comuni maschilisti e di cliché da telenovela senza precedenti; i caratteri sono stereotipati e fumettistici, non ci sono vie di mezzo. La moglie è onesta e sincera, l’amante è puttana e perfida, il cattivo è disgustoso, il protagonista cade in errore ma alla fine si ravvede, insomma siamo in piena sceneggiata che non deroga da regole e situazioni prestabilite. Si narra che Fernando di Leo abbia aiutato l’esordiente Vincenzo Salviani, pare che quest’ultimo abbia confidato più volte che il più esperto regista fosse presente sul set a dare una mano. Se l’ha fatto, si è nascosto molto bene, perché Pover’ammore non è certo un suo film, forse per questo si è guardato dal firmarlo e non si è fatto immortalare nei titoli di testa e di coda. Non c’è niente di più lontano dal cinema noir, erotico, poliziesco del regista foggiano di questa sceneggiata convenzionale, ricercata dal cinefilo soltanto per questa leggenda metropolitana che si tratterrebbe di un film girato da Fernando di Leo.
Regia: Vincenzo Salviani. Soggetto: Gianni Martucci. Sceneggiatura: Gianni Martucci, Vincenzo Salviani. Scenografia e Arredamento: Francesco Cuppini. Organizzazione Generale: Vincenzo Samà. Direttore di Produzione: Franco Marino. Fotografia: Angelo Lannuti. Montaggio: Walter Diotallevi. Musica: Ubaldo Continiello. Operatore alla Macchina: Giuseppe Venditti. Fonico: Alberto Salvatori. Trucco: Luisa Di Fraia. Fotografo di Scena: Mauro Paravano. Teatri di Posa: De Paolis (Roma). Casa di Produzione: Domizia Cinematografica srl. Produttore: Vincenzo Salviani. Interpreti: Carmelo Zappulla, Lina Polito, Rosa Fumetto, Mariolina De Fano, Nicola Pignataro, Lucia Cassini, Luca Priore, Rachele Cimmino, Nello Riviè, Carlo Greco, Angelo Zingarolpoli, Luc Merenda.
Recensione di Gordiano Lupi