Il recupero di Lebbra Bianca, pellicola girata nel 1951 da Enzo Trapani, oltre a permettermi di visionare quello che può essere considerato il prima droga-movie italiano (peculiarità che prevede su questo sito un approfondito discorso in separata sede) mi ha anche permesso di assistere all’esibizione di diversi artisti appartenenti al panorama jazzistico italiano dell’epoca. Come, per esempio, quella di Henghel Gualdi, dove ci delizia con un suo assolo di clarinetto. Ma, su tutti, quella che più colpisce è la presenza del pianista americano Charlie Beal.
Non che non si fosse a conoscenza della sua partecipazione al film, ma l’irreperibilità fino ad oggi di quest’ultimo, non ci aveva permesso di sapere con certezza in cosa consistesse la sua presenza. Inoltre le sintetiche biografie dedicate all’artista che circolano sul web non hanno mai chiarito con esattezza cosa fece durante il lungo periodo passato in Italia. Riassumendo in breve la sua storia artistica, sappiamo che Charles Herbert Beal nasce il 14 settembre 1908 a Redlands in California (morirà il 31 luglio 1991 a San Diego). Nel 1930, all’età di di 22 anni, a Los Angeles, entra a far parte della band capitanata dal sassofonista Les Hite. Nel 1932 si trasferisce a Chicago dove inizia diverse collaborazioni con artisti quali Earl Hines , Carroll Dickerson , Jimmie Noone , Erskine Tate e Frankie Jaxon. Nel 1933 vi è l’incontro con Louis Armstrong, entrando a far parte della sua orchestra con la quale registra diversi dischi. Successivamente lavorerà con il compositore Noble Sissle per poi trasferirsi alla fine del 1934 a New York, dove entra in contatto con la scena jazzistica della grande mela. Qui collabora con artisti del calibro di Adrian Rollini , Buster Bailey ed Eddie South. E dopo una breve permanenza in Canada torna negli Stati Uniti per arruolarsi nell’esercito allo scoppio della seconda guerra mondiale. Finito il conflitto, Beal torna a Los Angeles dove riprende a collaborare con Armstrong, lo si vede apparire accanto a lui nel film del 1947, La città del jazz (clicca qui per vederlo in una scena del film mentre suona il piano). Dopodiché tutte le biografie, come dicevamo,

Titoli di testa del film “Lebbra bianca” (1951)
parlano di una sua trasferta in Europa senza specificare cosa abbia fatto durante questa sua permanenza nel vecchio continente. Da sue affermazioni, come riportato in una rara intervista fattagli da Franco Mondini in occasione di un suo concerto presso lo “Swing Club” di Torino, e pubblicata sul quotidiano La Stampa del 16 gennaio 1971, il pianista ci rivela che arriva in Italia nel 1948. Un anno dopo, mentre si esibisce presso l’Amedeo’s, un locale sempre di Torino, viene avvicinato da Totò e dal produttore teatrale Remigio Paone, che assistendo alla sua esibizione lo scritturano per lo spettacolo di rivista Bada che ti mangio! che lo terrà impegnato in una tournée italiana di 6 mesi, tra il 1949 e il 1950. Nello spettacolo, oltre a fare l’accompagnamento sonoro, è protagonista dello sketch denominato Gli Esistenzialisti. Nel 1951, come dicevamo, partecipa al succitato film, Lebbra bianca. Nei titoli di testa figura tra i compositori delle musiche, ma come possiamo vedere nel video sottostante appare anche in una scena, dove seduto al piano accompagna l’esibizione della protagonista femminile del film, l’attrice canadese Lois Maxwell. E’ lo stesso Beal a presentare il pezzo da lui composto ed eseguito, non dicendone il titolo. Ritrovamento di rilevante interesse, se si considera il fatto che di questo artista non si conoscono suoi pezzi originali.
Lo stesso anno Beal partecipa anche ad un altro film di produzione italiana, Domani è un altro giorno, diretto dal regista francese di origine russa, Léonide Moguy. In questo caso appare in ben due scene distinte della pellicola. Come si può notare nel video a seguire, nella prima lo si vede suonare in un locale malfamato mentre è in atto una rissa. Nella seconda, sempre seduto al suo piano, intrattiene gli ospiti di una festa.
Dopo questa prima esperienza italiana tra rivista e cinema, Charlie decide nel 1956 di tornare negli Stati Uniti. La nostalgia per l’Italia però è tanta, e come dice nella succitata intervista, nel 1961 prende un aereo per Roma dove compra casa, in zona Ponte Milvio, e si trasferisce in pianta stabile.
La sua ultima apparizione nel nostro cinema è del 1964, nel film Un amore un addio, una coproduzione con Francia e Spagna diretta dal regista spagnolo Germán Lorente. In questo caso la sua presenza nel film va oltre la semplice comparsata. Nello stesso interpreta la parte di Pops, un pianista amico di Maurice Ronet, protagonista maschile del film. Come si denota dal video, Beal, non si limita a suonare il piano, ma è presente per tutta la durata della pellicola recitando in diverse scene.
Il cinema per lui fu solo un gioco, una piacevole distrazione, e quelle poche volte che vi prese parte lo fece restando seduto davanti al suo pianoforte, in modo discreto come era nel suo carattere. Rappresentante della vecchia scena jazz americana, il mondo che l’aveva generato con il passare del tempo si è evoluto e modificato. Lui invece, in controtendenza, è rimasto fedele alla sua musica. A proposito di questo, con un tono nostalgico, dirà ricordando i bei vecchi tempi “Ho avuto due grandi amici e due grandi maestri, Luis Armstrong e Fats Waller. Quest’ultimo si può dire che mi ha preso per mano insegnandomi certi passaggi che solo lui conosceva. Ma è ingiusto che ricordi Fats solo come un professore di musica, perché Fats Waller era uno di quegli uomini che sanno anche insegnare com’è la vita. E la vita è un osso duro che però dobbiamo addentare con allegria. Ecco il segreto delle canzoni di Fats Waller: l’allegria e la gioia di vivere. Forse è per questo che io non capisco bene il jazz moderno, mi sembra musica senza feeling, una musica senza gioia“(1).
Articolo di Roberto Zanni