Rispetto al decennio precedente, il sistema produttivo italiano negli anni ‘80 era mutato radicalmente. La fine del monopolio Rai e la conseguente nascita e proliferazione delle televisioni private, aveva portato come conseguenza a un’inevitabile emorragia di spettatori dalle sale cinematografiche. Per sopravvivere alla crisi, produttori ed esercenti corsero ai ripari come meglio potevano: alcuni convertendosi al settore a luci rosse (unico mercato davvero fiorente, grazie anche alla crescente diffusione delle vhs), altri specializzandosi in contenuti destinati al piccolo schermo, altri ancora appoggiandosi ai fondi di credito del Ministero dello Spettacolo. Resistevano ancora le grandi produzioni, ma il cosiddetto cinema popolare che nei decenni passati aveva costituito l’ossatura di tutta l’industria, era ridotto praticamente al lumicino. In breve, sparirono le sale di seconda e terza visione e di conseguenza vennero meno i distributori regionali, sul cui minimo garantito si basava la maggior parte del sistema finanziario.

La casa 4 – Linda Blair
Cessato di esistere il mercato di profondità, i film di genere messi in cantiere in quegli anni venivano concepiti quasi esclusivamente per l’estero, principalmente Asia, Medio Oriente e Stati Uniti. Questo portò a un nuovo modello produttivo e alla comparsa sulla scena di venditori internazionali che in breve tempo diventarono di centrale importanza per le locali imprese di produzione, quali Michel Freudenstein e Roberto Di Girolamo della Production Group ed Eduard Sarlui della Eureka Cinematografica. Costoro avevano sviluppato una strategia produttiva che permetteva di ridurre al minimo i rischi e garantiva guadagni quasi immediati. Prendevano a modello dei film di successo, commissionavano delle locandine a bravi disegnatori (1) trovavano una frase a effetto e portavano il tutto a mercati internazionali quali il Mifed o il Marché di Cannes. Le locandine che attiravano l’interesse dei compratori venivano poi trasformate in film. Incassati i soldi delle prevendite, la Production Group e la Eureka si appoggiavano poi per la realizzazione a società di fiducia come la Dania Film di Luciano e Sergio Martino, la Italian International Film di Fulvio Lucisano, la Fulvia Film di Fabrizio De Angelis, e naturalmente la Filmirage di Aristide Massaccesi e Donatella Donati.
Nata da una variazione della preesistente Spresding in the American Way S.A.W. di proprietà di Ermanno Donati (padre di Donatella), la Filmirage aveva inaugurato la sua attività nel 1980 con la produzione di un piccolo horror girato in 16 mm, Antropophagus, finanziato principalmente coi fondi di Eduard Sarlui e nel corso degli anni era diventata tra le società più attive nella realizzazione di film di genere, trasformandosi a poco a poco in una piccola factory, all’interno della quale trovavano spazio anche giovani intenzionati a farsi spazio nel mondo del cinema. È alla Filmirage che si deve l’esordio alla regìa di Michele Soavi (Deliria, 1987), oggi tra i registi italiani più quotati.
I film targati Filmirage erano tuttavia di scarse pretese, realizzati con budget modesti e tempi di realizzazioni strettissimi. La maggior parte si giravano in America con attori del posto; quelli non diretti in prima persona da Aristide Massaccesi, venivano affidati a giovani esordienti o a vecchi artigiani costretti dall’industria ai margini del sistema.
Proprio uno di questi ultimi, Umberto Lenzi, aveva fatto incassare alla società una discreta somma di denaro con il suo Ghosthouse (1988), un modesto horror incentrato sullo spettro di una bambina che stermina un gruppo di giovani incautamente penetrati in una villa abbandonata del Massachusetts. L’esito favorevole ottenuto dal film lo si dovette in larga misura all’intuizione di Achille Manzotti della Brema Film, che lo distribuì nei cinema intitolandolo La Casa 3, inserendosi così sull’onda del successo dei due Evil Dead di Sam Raimi, usciti in Italia rispettivamente come La Casa e La Casa 2.
Roberto Di Girolamo pensò allora che fosse il caso di battere il ferro finché caldo e commissionò alla Filmirage la realizzazione di una nuova Casa, da realizzare questa volta con un budget più sostanzioso. Bisognava solo trovare un soggetto e un regista a cui affidare il film. Lenzi, tecnicamente parlando, aveva fatto un ottimo lavoro ma il suo carattere non facile aveva causato diversi problemi alla troupe, portando addirittura l’aiuto regista Antonio Bonifacio ad abbandonare il set. Inoltre, aveva anche sporto denuncia contro la produzione perché sui titoli gli avevano cambiato nome in “Humphrey Humbert”, e di conseguenza era la persona meno indicata a cui affidare il nuovo progetto.
Per La Casa 4 la Filmirage scelse inizialmente Claudio Lattanzi, che aveva appena diretto per conto della società un film di zombie intitolato Killing Birds (1988).
Il giovane accettò l’incarico con entusiasmo e insieme allo sceneggiatore Daniele Stroppa scrisse un soggetto intitolato Witchcraft, che piacque alla produzione. Alla sceneggiatura lavorò poi il solo Stroppa, mentre Lattanzi si fece da parte, attendendo di essere chiamato per girare. «A me non interessava il processo di scrittura, ma ero bravo a trovare le idee. Quindi mi affidai totalmente a Stroppa, dandogli giusto qualche suggerimento», racconta oggi Lattanzi (2), «Ero rimasto molto colpito da Inferno di Dario Argento, e volevo riproporne nel mio film alcuni elementi, come la strega con mantello nero che uccide persone all’arma bianca, ma Stroppa non era convinto e diedi retta a lui. Nel frattempo, Massaccesi mi dice che per il ruolo della strega intendeva prendere Bette Davis. Non potevo crederci! Gli risposi: “Se c’è Bette Davis non devi neanche pagarmi, il film te lo faccio gratis!” Era l’attrice dei miei film di culto, sono cresciuto guardando Che fine ha fatto Baby Jane e soprattutto Piano…Piano, dolce Carlotta, quindi non mi sembrava vero. Contemporaneamente, mi arriva la proposta di lavorare come aiuto di Lamberto Bava in Le foto di Gioia, ma rifiutai pur di fare questo film».
Lattanzi ignorava che le cose avrebbero preso presto tutt’altra piega. La Filmirage non riuscì ad avere Bette Davis a causa dei problemi di salute che ne causarono la morte nell’ottobre 1989. Ma riuscì ad assicurarsi come protagonista Linda Blair. L’ex bambina prodigio, indimenticabile interprete di cult movie quali L’Esorcista (1973) e La ragazza del riformatorio (1974), a causa di un arresto per detenzione e spaccio di droga, era ormai considerata persona non grata ad Hollywood e quindi accettò di buon grado l’ingaggio in una produzione italiana, anche se a basso budget.
Con un nome come quello della Blair nel cast l’operazione cresceva di livello, e sia Massaccesi sia Di Girolamo convennero sul fatto che bisognava cercare un regista con una maggiore esperienza alle spalle, in grado di parlare bene inglese e gestire eventuali capricci delle star.
La scelta cadde di conseguenza su Luigi Cozzi, che in passato aveva già lavorato con Aristide Massaccesi in qualità di sceneggiatore (aveva collaborato agli script e scritto i dialoghi di Orgasmo nero e Paradiso Blu). Quando ricevette la proposta, il regista di Contamination e Starcrash aveva appena terminato di girare una serie di telefilm per la Rai intitolata Turno di notte e aveva siglato un contratto con Fabrizio De Angelis per girare Paganini Horror. «Aristide Massaccesi mi telefonò una sera dicendomi di essere rimasto molto colpito dai miei telefilm», racconta oggi Luigi Cozzi (3), «Perciò mi offrì di dirigere La casa 4. Io avevo già un contratto con Fabrizio De Angelis per fare Paganini horror, ma siccome le riprese di quel film, inizialmente fissate per marzo/aprile, erano state posticipate a maggio, accettai la proposta di Aristide, a patto, gli dissi chiaramente, di poter mettere mano al copione. Perché io mi sono sempre scritto da solo le mie cose»
La serie Turno di notte era andata in onda da ottobre ’87 a gennaio ’88, e aveva costretto Lamberto Bava prima e Lui Cozzi poi, a turni di lavoro massacranti: «Finivamo di girare ogni episodio il mercoledì alle sette di mattina, per andare in onda il venerdì sera. Spesso i copioni mi arrivavano il giorno prima delle riprese, cioè il martedì, ed erano tutti da sistemare. Finita la lavorazione, bisognava poi curare la post produzione e quindi seguire la stampa, perché giravamo in pellicola 35 mm».
Cozzi era così stanco che preferì non partire per l’America a scegliere le location. Restò a Roma a riposarsi e a sistemare il copione. Malgrado trovasse la sceneggiatura di Daniele Stroppa piuttosto valida, intendeva sviluppare il personaggio della vecchia strega/diva del cinema, che gli ricordava un po’ quello di Gloria Swanson in Viale del tramonto (1950), e aggiungere un tocco autoriale al tutto. Nel frattempo, Massaccesi, potendo spendere il nome di Luigi Cozzi, riuscì ad ingaggiare come attore anche David Hasselhoff. La star di Supercar (Knight Rider, 1982 – 1986) doveva il suo lancio proprio al regista italiano che lo aveva scritturato come protagonista maschile in Starcrash, e accettò senza riserve l’ingaggio. Con Hasselhoff sotto contratto, la Filmirage fu poi in grado di avere anche Catherine Hickland, che con l’attore era stata sposata per un periodo e vi aveva recitato insieme, nella summenzionata serie, come fidanzata del personaggio da lui interpretato, Michael Knight. La Hickland in seguito aveva guadagnato ulteriore notorietà prendendo parte alla soap opera Beatiful, sostituendo per un breve periodo l’attrice Katherine Kelly Lang nel ruolo di Brooke Logan.
Tutto sembrava volgersi al meglio, finché non capitò qualcosa che cambiò la situazione. Racconta Luigi Cozzi: «Aristide Massaccesi tornò dagli Stati Uniti con le location stabilite e gran parte del cast messo sotto contratto. Al che gli sottoposi i cambiamenti che avevo apportato alla sceneggiatura e lui mi disse: “Bene, però prima dobbiamo parlarne con Roberto Di Girolamo”». Malgrado fosse la Filmirage a realizzare il film, i soldi provenivano da Di Girolamo, quindi era chiaro che ogni scelta doveva passare per la sua approvazione.
Cozzi e Massaccesi si recarono nell’ufficio della Production Group e fu allora che le cose cambiarono: «Di Girolamo tirò fuori un foglio con sopra disegnato un grafico, che tracciava una linea seghettata che andava su e giù. “Vedete”, ci disse, “la sceneggiatura è stata elaborata al computer e non può essere cambiata”». Per comprendere meglio l’episodio raccontato dal regista occorre fare un piccolo inciso sul sistema che adottava Roberto Di Girolamo per le sue produzioni. Egli era un fanatico della sceneggiatura, ed era convinto che il successo di qualsiasi film dipendesse in larga parte dalla cura impiegata nel processo di scrittura. Pertanto, era solito mettere un voto ad ogni scena del copione, così da ricavare un grafico che desse il polso del pathos del film. Il segreto era mantenere un buon equilibrio tra scene di dialogo o necessarie alla progressione narrativa e scene di tensione che facevano impennare il picco emotivo. Cozzi restò sconcertato da quell’incontro: «Io ero stato chiaro fin dall’inizio: avrei accettato di girare il film solo se mi si fosse data la possibilità di lavorare sul copione. Ma quel colloquio cambiò tutto. Lo dissi ad Aristide, lui prendeva la cosa alla leggera: “Ma non preoccuparti, una volta che sei sul set giri quello che ti pare”, mi diceva, ma sapevo che non era così. Quindi, anche considerando che avevo già un accordo per fare un’altra cosa con De Angelis, un film più facile, da girare in Italia con la massima libertà creativa, decisi di disdire il contratto che avevo firmato con la Filmirage. Andai in banca, prelevai i soldi di acconto che avevo ricevuto e li restituì. Aristide pensava che scherzassi, ma quando capì che facevo sul seriò, impallidì».
A due settimane dall’inizio della lavorazione, il film si trovò improvvisamente senza un regista. Fu allora che Aristide Massaccesi si ricordò di Fabrizio Laurenti.
Fabrizio Laurenti era un giovane che aveva vissuto diversi anni in America, sognando di fare film ma sbarcando il lunario con lavoretti saltuari. Lì aveva conosciuto Mary Sellers, una giovane attrice che lavorava per una compagnia teatrale, e insieme avevano girato, più per divertimento che altro, un cortometraggio in super 8 dal titolo The Immigrant, che utilizzava il vampirismo come metafora della tossicodipenza. Il filmino, che anticipava di quasi dieci anni le tematiche affrontate da Abel Ferrara in The Addiction (1992), aveva guadagnato poi una certa notorietà nel circuito festivaliero ed era stato acquistato dal critico Enrico Ghezzi per la messa in onda televisiva. Laurenti e la Sellers si trasferirono poi in Italia in cerca di fortuna, convolarono a nozze e cercarono di proporsi nell’ambiente del cinema. L’attrice venne scritturata per alcune produzioni della Filmirage (Deliria, Eleven days, eleven night, Ghosthouse) e grazie a questi ruoli e a una certa amicizia instaurata con Massaccesi, ebbe modo di raccomandare il suo consorte. Il giovane aspirante autore si presentò quindi in viale delle Milizie, negli uffici della produzione, con la vhs di The Immigrant e tante speranze. Il produttore vide il cortometraggio, fece i complimenti e salutò senza troppe promesse. Ma quando si trovò con un film in pre-produzione e senza nessuno in cabina di regìa, pensò che fosse il caso di dare una chance a quel ragazzo.
Quando Fabrizio Laurenti venne chiamato a girare il cast era già completo. La produzione non aveva ingaggiato Bette Davis, ma per la strega si era comunque assicurata un nome importante: Hildegard Kneff. L’attrice e cantante berlinese era stata la protagonista del primo film sonoro di produzione tedesca, Gli assassini sono tra noi (Die morder sind unter us, 1946) di Wolfgang Staudte, e nel corso della carriera aveva recitato in Germania e a Hollywood, prendendo parte a pellicole acclamate quali Le nevi del Kilimanjaro (The Snow of Kilimanjaro, Henry King, 1952) e Fedora (Id., Billy Wilder, 1978), ma anche a film meno ambiziosi, come l’horror coprodotto dalla Seven Arts e dalla Hammer Film La nebbia degli orrori (The lost Continent,1968) di Michael Carreras. La Casa 4 avrebbe rappresentato per lei l’ultima apparizione cinematografica.
Per il ruolo di Rose Brooks, personaggio a cui, nel corso del film, viene cucita la bocca, era stata scritturata Annie Ross, più nota come membro dello storico gruppo jazz Lambert, Hendrick e Ross, che come attrice, dove aveva preso parte a pellicole quali Quattro farfalle per un assassino (Straight On Till Morning, 1972) di Peter Collinson e Superman 3 (Id., Richard Lester, 1983). L’attrice e cantante, che di vero nome faceva Annabelle Allan Short, aveva prestato anche la sua voce a Ingrid Thulin per le scene canore di Salon Kitty (1975) di Tinto Brass.
A coprire il ruolo dell’uomo d’affari Fred Brooks c’era Robert Champagne, già in Ghosthouse di Lenzi, mentre Jerry Giordano, l’agente immobiliare, era interpretato dallo sconosciuto Rick Farnsworth.
Per il ruolo di Leslie, la vergine che nel corso della storia viene deflorata da Satana, la produzione aveva offerto il ruolo a Mary Sellers, ma costei rifiutò in quanto le era stata offerta una parte nel Francesco di Liliana Cavani, e quindi ripiegarono su Leslie Cummings, che aveva già recitato in Killing Birds di Lattanzi.
Le riprese iniziarono i primi di marzo 1988, in Massachusetts, ma non fu una lavorazione facile. Linda Blair, in particolare, diede subito dei grattacapi al regista, presentandosi sul set costantemente in ritardo. Al terzo giorno consecutivo, Laurenti, pur di iniziare a girare, decise di tagliare le sue battute, scatenando la reazione dell’attrice. Racconta il regista (4): « Il terzo giorno non solo era in ritardo, ma quando noi eravamo pronti a girare lei era ancora in hotel, a quaranta minuti di auto dal set. Ho iniziato a sentire la pressione e il respiro di Aristide sul collo. Non si sarebbe arrabbiato con Linda Blair ma con me, perché ero io a dover tenere la situazione in ordine e gli attori sotto controllo. Per farla breve, ho deciso di girare comunque, anche senza di lei. Era una scena di gruppo, nel soggiorno, con la maggior parte del cast principale: il personaggio di Linda Blair, David Hasselhoff e Catherine Hickland. Iniziava con le battute di Linda, poi Catherine, David e infine di nuovo Linda. Le battute di Linda furono trasferite a Catherine e iniziammo a girare i primi piani. Quando avremmo avuto Linda ci toccava solo girare i controcampi delle reazioni. In questo modo abbiamo risparmiato dalle due alle tre ore mentre la aspettavamo. Quando Linda arrivò e ci vide al lavoro, si rese immediatamente conto che la sceneggiatura era stata cambiata e le sue battute rimosse. Certo, si scatenò l’inferno. Si chiuse nel suo camerino e comunicava solo attraverso il parrucchiere. L’intera troupe era piombata nel silenzio in attesa di sviluppi. Gli attori, che sapevano tutti che avrebbe reagito in quel modo, erano curiosi di vedere come un giovane regista affrontava questa situazione. Inutile dire che gli occhi di Aristide erano incollati su di me, osservando ogni mia mossa. Riuscii ad entrare nella sua fortezza e mi sedetti accanto a lei. Bugie e giochi di potere non avrebbero funzionato, quindi fui onesto: “Ascolta Linda, mi dispiace che tu ti sia arrabbiata e mi dispiace che abbiamo iniziato con il piede sbagliato, ma devo continuare. In caso contrario, la mia carriera è finita prima ancora di iniziare. Questo è la mia unica opportunità e non posso permettermi di sprecarla. Vuoi davvero distruggerla per me? ‘Si asciugò le lacrime, sorrise e tornò sul set. Il giorno dopo arrivò con quindici minuti di anticipo e non abbiamo più avuto problemi».
Dopo la Blair, fu la volta di Hasselhoff. Fu Laurenti stesso ad andare a prendere l’attore all’arrivo in aeroporto, e già sulla strada di ritorno, nel tragitto verso l’albergo, il divo americano chiese dei cambiamenti al copione. Essendo il protagonista maschile, Hasselhoff non tollerava di dover morire. Va da sé che la sceneggiatura non poteva essere cambiata per un capriccio, ma rispondere con un secco no avrebbe potuto compromettere i rapporti e causare altri rallentamenti al piano di lavorazione. Laurenti si mostrò possibilista, ma la sera a cena tornò sull’argomento e riuscì a fargli digerire la cosa: «Descrissi il finale del film nella maniera più accattivante possibile: “David, non muori nel film. Sarebbe riduttivo. Ti sacrifichi. C’è una grande differenza” Se ricordi il film finisce con tutti quelli che scappano dalla casa in fiamme. Il tuo personaggio si rende conto che il bambino è ancora dentro e muore nel fuoco nel tentativo di salvarlo. Sei un eroe!”. Se la bevve».
Altri inconvenienti li causò il clima del Massachusetts. La villa dove si girava era una residenza estiva e non aveva i sistemi di riscaldamento. La produzione per mitigare la temperatura e riscaldare il set, fece portare dei cannoni che sparavano aria calda. Ma dato che questi cannoni erano molto rumorosi e il film si girava in presa diretta, bisognava spegnerli ogniqualvolta c’era una scena di dialogo. L’accensione e spegnimento continuo causava delle notevoli escursioni termiche e in molti della troupe si ammalarono, tra i quali anche il direttore della fotografia Lorenzo Battaglia, che dovette essere sostituito proprio da Aristide Massaccesi. Il regista di Buio Omega e Antropophagus girò quindi, in qualità di dop, parecchie sequenze, tra le quali quella della cucitura della bocca ai danni di Annie Ross e lo stupro di Leslie Cummings da parte del diavolo (interpretato da Ely Coughlin, già nel cast di The immigrant), che omaggiava direttamente, ironia della sorte, un vecchio horror fotografato proprio da un Massaccesi a inizio carriera: L’anticristo (1974) di Alberto De Martino.
Gli effetti speciali di Maurizio Trani rappresentano il punto di forza del film, ma a causa degli scarsi mezzi a disposizione alcune scene del copione dovettero essere soppresse o modificate. Lo strano fenomeno che caratterizza la villa, la cosiddetta luce della strega, per esempio, nel film è un semplice riflesso in una finestra; nel copione invece tale fenomeno è chiamato ombra della strega e viene descritto come una strana ombra che a mezzogiorno si sprigiona dalla casa e proietta sul giardino un’immagine simile a un volto, con naso adunco, mento sporgente e cappello a punta in testa.
Quando i personaggi vengono catturati dalle forze demoniache, la sceneggiatura li immagina portati in delle caverne fangose, dove strani esseri li massacrano. Ma non c’erano caverne in Massachusetts né era possibile riprodurle in studio, quindi la trovata narrativa venne cassata. L’assenza di caverne e di un budget adatto causò anche la soppressione di un intero blocco narrativo, probabilmente il più affascinante dell’intero film. La sequenza eliminata era collocata appena dopo che i due protagonisti, Leslie e Gary, incontrano Linda posseduta dalla strega e merita una descrizione dettagliata: i due ragazzi fuggono via e vedono una grata sul muro. Dopo averla rimossa, penetrano in un cunicolo e, strisciando, si ritrovano nell’anticamera dell’inferno. La sceneggiatura di Daniele Stroppa descrive così il luogo: «Un immenso ambiente avvolto in una cortina di fumo, tagliata da lame di luce accecante. Al centro una grande fossa con gradini concentrici che sembrano sprofondare nelle viscere della terra. Lingue di fuoco emergono dalla nebbia perenne. Alcune inquietanti figure, tra cui le tre megere, scendono i gradini della fossa e vi spariscono dentro». I due ragazzi raggiungono l’ingresso di una cripta, ai cui lati vi sono due scheletri coperti da spesse ragnatele.
All’interno la cripta è «avvolta da una penombra misteriosa, suggestiva. Due bracieri, sul fondo, ad illuminare una scritta sulla pietra, ricoperta da uno strato di polvere. Ai lati quattro nicchie scavate nelle pareti su cui sono adagiati i corpi di altrettante donne, avvolti da un velo leggero. Un sudario copre i loro volti». Quando i due protagonisti leggono l’incisione, quei corpi nel sudario prendono vita e avanzano verso di loro.
La sequenza, che sembra omaggiare direttamente il finale di L’Aldilà (1981) di Lucio Fulci, si conclude coi due ragazzi che fuggono via e, imboccando un tunnel nei sotterranei della magione, si ritrovano all’esterno.
Anche la morte di Hasselhoff è stata modificata. Nel film viene sbrigativamente trafitto da un oggetto lanciato non si capisce da chi, mentre nel copione finiva strangolato dalla tenda di una finestra animatasi improvvisamente e il suo corpo precipitava al di fuori, restando impiccato come Eva Axen in Suspiria (1977) di Dario Argento.
Anche la scena di sesso tra Catherine Hickland e Rick Farnsworth venne notevolmente ridotta rispetto a quanto previsto, e non per problemi di budget. L’attore era dichiaratamente omosessuale e la Hickland rifiutava qualsiasi contatto per paura di contrarre l’AIDS. La scena stava per essere soppressa quando Laurenti riuscì a convincere l’attrice a farsi almeno sfiorare il corpo da qualche carezza. Anche la conseguente morte del personaggio fu il risultato di un’intuizione estemporanea. La sceneggiatura prevedeva che il cadavere della ragazza comparisse improvvisamente legato a una garrota, ma il regista trovava la soluzione poco efficace. Guardando i vari oggetti di scena portati dallo scenografo, notò il plastico di un Marlin e pensò che sarebbe stato di grande effetto inquadrare il corpo della donna infilzato alla spada del pesce e così fece. Insieme a quella della bocca cucita, quest’immagine è diventata col tempo il simbolo del film.
Nonostante le difficoltà, Fabrizio Laurenti, alla sua prima prova dietro la macchina da presa, riuscì a concludere l’opera al meglio delle possibilità.
La Casa 4 venne presentato al vaglio della censura italiana il 18 novembre 1988 e ottenne il nulla osta di programmazione il 26 dello stesso mese, senza alcun divieto. Un risultato per certi versi sorprendente se consideriamo che il precedente film di Lenzi dello stesso ciclo era stato vietato ai minori di 14 anni per «La presenza di alcune scene particolarmente impressionanti e macabre che possono turbare la particolare sensibilità dei predetti minori» (verbale n. 83820 del 23/01/1988).
L’assenza di restrizioni giovò non poco al botteghino. Distribuito nelle sale italiane il 6 agosto 1989, il film si piazzò al 61° posto della classifica generale del box office, e per il genere fu il terzo maggiore incasso dopo Nightmare 5 di Stephen Hopkins, Due occhi diabolici di Dario Argento e George Romero e The Abyss di James Cameron, tutte pellicole che avevano richiesto ben altri sforzi produttivi. Al termine dello sfruttamento il film di Laurenti incassò la considerevole cifra di 1.283.194,000 Lire (5)
Il distributore Achille Manzotti fu entusiasta del risultato e corse in Siae a mettere il copyright sui titoli La Casa 5 e La Casa 6, per farne degli immediati sequel. Ma solo La Casa 5 venne poi effettivamente girato, per la regìa di Claudio Fragasso, con risultati disastrosi. Disastrosi al punto che la serie delle case maledette venne immediatamente cancellata e la Filmirage fu costretta a dirottare su altri progetti.
Note:
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Principalmente Enzo Sciotti e Renato Casaro.
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Le dichiarazioni di Claudio Lattanzi sono state raccolte da Alessio Di Rocco nel corso di un colloquio avvenuto a Roma in data 26/02/2020. Ringrazio Claudio Lattanzi anche per avermi messo a disposizione la sceneggiatura originale del film.
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Le dichiarazioni di Luigi Cozzi sono state raccolte da Alessio Di Rocco nel corso di un colloquio avvenuto a Roma in data 07/03/2020
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Tutte le dichiarazioni di Fabrizio Laurenti presenti nel testo sono state raccolte da Eugenio Ercolani
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Fonti: Hitparade Italia (http://www.hitparadeitalia.it) e Roberto Curti Italian Gothic Horror Film 1980 – 1989, McFarland, 2019, pagina: 157)
Articolo di Alessio Di Rocco
complimenti per la cura con cui hai raccolto le informazioni, è un bellissimo articolo da cui traspare anche anche l’affetto per quel tipo di cinema
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Riguardo al film “La Casa5”, le notizie sono errate. Al botteghino in Italia fece 1miliardo e mezzo di lire, di cui 600milioni solo al cinema Adriano di Roma il 10 Agosto del 1990. Pur non avendo nessun attore noto nel cast. Il film fu distribuito da Mario C’è chi Gori per il cinema e dal gruppo Bema (Berlusconi Manzotti) per l’home video, successivamente venne acquistato da Medusa. E passato sulle reti Mediaset per anni. Oggi è considerato un cult. Nel mondo viene rieditato continuamente. Di Girolamo, che detiene i diritti del film, ma solo per le vendite all’estero, continua ad avere richieste da più produzioni Americane che a loro spese digitalizzano la pellicola aggiungendo extra preziosi. La prossima volta chieda al diretto interessato per avere notizie sulle case o consulti gli archivi dei box office. Non c’era da fare nessuna casa 6. E in Italia non esiste il copyright sui titoli e non si possono depositare . Non ho mai letto tante inesattezze tutte insieme. Avendo lavorato con la Filmirage per anni, so quello che dico.
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Gentile Valeria, stando ai suoi dati, La casa 5 avrebbe incassato più del precedente film di Laurenti, e invece secondo i dati ufficiali dell’Agis non arrivò neanche alla metà di quelle cifre e non entrò nemmeno nei primi cento titoli della classifica del box-office, a differenza di La casa 4 che si piazzò appunto al sessantunesimo posto. Perché non sostiene le sue argomentazioni con delle fonti? Altrimenti sono chiacchiere, che lasciano il tempo che trovano. Lo stesso Massaccesi all’epoca si lamentava parecchio del risultato del film (veda ad esempio quanto raccontava ai microfoni di Alberto Farina nel n. 3 di Shiver). Lei poi accenna a continue pubblicazioni all’estero del film. Neanche queste risultano: da che esiste sul mercato il dvd risultano appena due edizioni di La Casa 5: una pubblicata in Italia e una in Germania (in sospetto di bootleg, peraltro, come molte edizioni targate X-Rated) e senza alcun contenuto speciale; in bluray invece è stato pubblicato una sola volta dalla Scream Factory, neanche come titolo a sé ma in coppia con DNA di Montefiori, una formula questa che si rierva solo ai titoli minori. Mi piacerebbe davvero sapere quali sono queste edizioni americane piene di extra preziosi che lei riporta. Quanto alla Casa 6, ignora anche che in Siae c’è in deposito un breve soggetto firmato dallo stesso Achille Manzotti e da Maria Blasi che all’epoca servì proprio per “bloccarne” il titolo; di conseguenza la Life Pictures, quando distribuì in Italia il film The Horror Show, fu costretta a intitolarlo La Casa 7, creando così un buco nella numerazione. Avrà anche lavorato per la Filmirage, ma dovrebbe rinfrescarsi un po’ la memoria su questi argomenti. Saluti.
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I due film sono usciti in anni diversi. Poi non è una gara a chi ha incassato di più tra il 4 e il 5 non capisco quest’odio nei confronti della casa 5, forse perché Fragasso è tra i più venduti all’estero con i suoi vecchi film anni 80/90?. Come si fa a negare l’evidenza e come può lei essere in grado di controllare il giro pazzesco che c’è nel mercato dell’home video d’oltre oceano, sia online che alle horror convention. Sugli extra ha ragione, ho sbagliato io, non ci sono nelle uscite precedenti ma ci saranno nella prossima uscita sempre Americana, annunciata su instagram dalla severinfilm. Con nuove interviste che al momento sono bloccate per via del Covid19. Ho detto che non esiste il deposito dei titoli in SIAE, non che non esiste il deposito di un soggetto, lei parlava di titoli. E comunque il deposito in SIAE di un soggetto se non rinnovato vale solo cinque anni. Dovrebbe rinfrescarla lei la memoria ad alcuni dei suoi interlocutori per le tante bugie che le hanno raccontato. Ed io comunque non ce l’ho con lei, ha solo riportato quanto le è stato raccontato e nel tempo e negli anni le storie si sa si “colorano” e si cambiano. Se va su instagram e scrive #claudiofragasso perché non ha un profilo suo, ma esiste un hashtag , potrà vedere i DVD e Blu-Ray fotografati nelle mani di chi li ha appena ricevuti. Anche Medusa nel 2013 è uscita con un DVD della casa 5. Oltre a quelli da lei citati della collana cult Cecchi Gori. Perché negare l’evidenza ? E perché tutto questo astio nei confronti di un film insultando il regista senza nemmeno dargli diritto di replica o quanto meno chiederglielo prima di scrivere una cosa simile. Massaccessi all’epoca era già in grave crisi finanziaria con le sue società. La casa cinque venne realizzato con nemmeno la metà del budget della casa 4. E come spesso Fragasso ha dichiarato nelle sue interviste, “Aristide mi chiuse dentro una casa vuota, e buttò la chiave …”. Cito a memoria, ma più meno il senso era questo. Per quanto riguarda il box office può cercare negli archivi del giornale dello spettacolo dell’anica. Agis non riporta tutti i film fatti quindi non è attendibile. L’informatizzazione parte dal 2000 e oltre . Tutto ciò che viene prima è fallibile o fallace, come preferisce. Pensi che io ricordo ancora bene, la rabbia di chi aveva prodotto “Un Gatto nel Cervello” (Nannerini) uscito al Barberini lo stesso giorno della Casa 5 al cinema Adriano, perché non incassava una lira mentre l’Adriano era pieno. Discorsi veri e reali avvenuti in Via delle Milizie a Roma i primi di Agosto alla film Mirage, con tanto di brindisi con Aristide e Donatella che rideva gaudente. Ultima cosa Di Girolamo e Serlui non hanno mai lavorato insieme e non si sono mai conosciuti. Nel suo elenco manca la Flora Film di Franco Gaudenzi spesso in società con Massaccessi con il quale ha fatto tanti film per l’estero. Lucisano non ha mai fatto quel genere di film per l’estero. Cari saluti.
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Le rispondo un’ultima volta, perché la faccenda sta diventando comica. Non ho alcun astio verso Fragasso e se, come lei scrive, “è il regista più venduto al mondo” non credo sia un problema per nessuno qui dentro. Ma i dati parlano chiaro e raccontano una realtà differente dalla sua. Se il quinto capitolo delle Case avesse incassato come lei sostiene, probabilmente avremmo adesso altri film della serie. Invece nulla. Quanto al box-office, lei ritiene l’Agis poco affidabile e consiglia il Giornale dello Spettacolo: mi duole farle sapere che Il giornale dello Spettacolo veniva pubblicato proprio dall’Agis. ..
Non ho mai scritto, inoltre, che Sarlui e Di Girolamo lavoravano insieme, rilegga il pezzo con più attenzione. Saluti.
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