Drammatico

MORTE A VENEZIA (1971) di Luchino Visconti – recensione del film

Attenzione: contiene spoiler . Il compositore tedesco Gustav Von Ashenbach, nel 1910, sceglie Venezia per trascorrere un periodo di riposo. Intende ristabilizzarsi da una crisi cardiaca che lo ha indebolito e riprendersi dalla recente morte della moglie. Alloggia nel rinomato Hotel de Bains, al Lido, dove, solitario, impiega la giornata ad osservare la cosmopolita umanità che è ospite dell’albergo. Tra le presenze straniere vi è anche una famiglia polacca: mamma, governante, le figlie ed il giovane ed efebico figlio Tadzio. Quest’ultimo desta, dapprima, l’interesse e poi l’infatuazione del professor Von Ashenbech. L’innamoramento, pur platonico, stravolge la sua vita tanto da non fargli lasciare la città, nemmeno di fronte al dilagare di una virulenta epidemia di colera, per stare vicino al giovane. La morte lo coglie al Lido, debole, ma in contemplazione del suo adolescente amore. -“Morte a Venezia” è la trasposizione filmica del romanzo omonimo di Thomas Mann scritto nel 1911. Nel libro il protagonista è uno scrittore, Visconti lo trasforma in un compositore e direttore di musica, ispirandosi anche alla vita di Gustav Mahler e utilizza per quasi tutta la colonna sonora parte delle sinfonie del maestro nato nella Repubblica Ceca nel 1860. La musica, elemento extradiegetico, è fondamentale per apprezzare la tematica e lo sviluppo del film. La coincidenza del nome Gustav tra il protagonista e Mahler, non casuale, è, tra le altre, una delle conferme che il film ripercorresse parte della sua vita come già individuato in Mann per i rimandi del libro e i numerosi flashback nel film. -“Morte a Venezia” è il film mediano della “trilogia tedesca” tra “La caduta degli dei“(1969) e “Ludwig“(1972). -Dopo alcune opere con cui il regista lombardo si è confrontato con storie di famiglie (“Il gattopardo“, “La caduta degli dei“, “Rocco e i suoi fratelli“) o di popoli (“La terra trema“), qui affronta la storia esclusiva di un uomo/attore, assoluto protagonista su tutto e tutti della sua vita, del suo destino e della sua fine. Dirk Bogarde è la preziosa scelta. L’attore, già visto ne “La caduta degli dei” e che vedremo sublime protagonista ne “Il portiere di notte”(1973) di Liliana Cavani, pare troppo giovane per impersonare un uomo vecchio e malato, ma risponde al meglio con una convincente e realistica recitazione. E’ capace di sostenere lunghe riprese di immagini in soggettiva, primi e primissimi piani con estrema padronanza. Lo spettatore è chiamato a sovrapporsi alla mdp per esortargli un cenno, un contatto. Visconti, già regista di teatro e di opere liriche, controllava con maniacale cura tutto il profilmico, ogni elemento dello spazio scenico era da lui supervisionato. Così spiegava questo suo totale controllo: “l‘esperienza fatta mi ha soprattutto insegnato che il peso dell’essere umano, la sua presenza è la sola cosa che veramente colmi il fotogramma…” da qui si può capire quanto sia importante l’attore nel suo cinema. Bogarde fu seguito, guidato e controllato fino a modellarne la recitazione come lui voleva. Non sfigurano altri attori come la compassata Silvana Mangano, il direttore dell’albergo Romolo Valli e l’amico Mark Burns. -Il dramma, la crisi profonda sono tutte sulle spalle di Bogarde. A tratti patetico, grottesco, innamorato, inquieto, ma sempre solo con la sua disperazione. Non si può, naturalmente, tacere il tema della omossessualità che, tra le critiche di molti giornali dell’epoca, affiora nel rapporto, mai fisico, tra il protagonista e il giovane Tadzio interpretato dall’esordiente Bjorn Andrésen. La figura eterea, efebica, non parlante ed ammiccante è lo strumento sensibile di Visconti per caricare su Gustav tutte le contraddizioni e le paure che rompono i suoi precari equilibri. Gli incontri tra i due, pur precari e fuggevoli, solo visivi, rallentano, ma non fermano il suo irreversibile annullamento. Alla ricerca della giovinezza e dell’innocenza troverà la morte nella maschera bianca di trucco decomposto. -Costumi splendidi che valgono una nomination all’Oscar e regia da David di Donatello per Visconti. -L’altra grande protagonista del film è Venezia. La fotografia magistrale la rende ancor più decadente, triste; nessun’altra città avrebbe accompagnato, anche atterrita dall’epidemia di colera, la vicenda di quest’uomo che si trova a rincorrere un giovane sogno e la sua perduta bellezza. Si avverte, quasi inalato per davvero, il puzzo del liquido disinfettante che percorre e sanifica le calli e le piazzette ove Gustav segue Tadzio o l’acre odore dei falò accesi per bruciare, con il fuoco, lo spettro del morbo. All’angolo lo spettatore cerca l’ombra di qualche monatto che cerchi i cadaveri, ma questo Visconti non ce lo regala. Venezia, il lido, la bellezza e la morte. -Il cinema di Visconti è un grande sogno letterario, teatrale, spesso autoreferenziale. In quest’opera c’è la sua personalità, la sua grandezza. “Morte a Venezia” è il suo messaggio più intimo.

Curiosità: Per trovare l’interprete del ruolo di Tadzio Visconti girò un documentario “Alla ricerca di Tadzio”(1970) che contiene i provini dei giovani aspiranti; Il film venne proiettato in anteprima a Los Angeles per la produzione e gli attori. La Warner Bros. decise di vietare la distribuzione in Usa per timore di censura a causa della tematica omossessuale. Cambiò, però, idea dopo la proiezione a Londra dove la regina Elisabetta e la sorella Anna non manifestarono nessuna opinione negativa riguardo la pellicola vista; Durante le riprese finali a Bogarde venne applicata sul viso una crema bianca per evidenziarne il pallore. La pittura gli creò forti bruciature sul viso. Si scoprì che Visconti fece utilizzare un prodotto “da tenere lontano dagli occhi e dalle pelle”, l’unico che lo convinceva come risultato filmico, testandolo anche sulla troupe.

morte a venezia locandina

Regia: Luchino Visconti; Soggetto: opera; Sceneggiatura: Luchino Visconti, Nicola Badalucco; Interpreti: Dirk Bogarde (Gustav Von Aschenbach), Silvana Mangano (madre di Tadzio), Romolo Valli (direttore “Hotel de Bains”), Mark Burns (Alfried), Nora Ricci (governante di Tadzio), Marisa Berenson (moglie di Gustav), Carole André (Esmeralda), Björn Andresen (Tadzio), Leslie French (agente della “Cook”), Franco Fabrizi (barbiere), Bill Vanders, Marco Tulli (uomo svenuto in stazione), Sergio Garfagnoli (Jasciu), Luigi Battaglia (vecchio travestito sulla nave), Antonio Apicella (girovago), Marcello Bonini (nobile alla festa Hotel), Carlo Cristofoletti (impiegato Hotel), Dominique Darel (turista inglese), Mirella Pompili (cliente Hotel), Masha Predit (turista russa); Fotografia: Pasqualino De Santis; Musica: Gustav Malher; Costumi: Piero Tosi; Scenografia: Ferdinando Scarfiotti; Montaggio: Ruggero Mastroianni; Produzione: Alfa Cinematografica (1962), P.E.C.F., Paris; Distribuzione: Dear International; censura: 57764 del 27-02-1971

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