Documentario

LA MAFIA NON E’ PIU’ QUELLA DI UNA VOLTA (2019) di Franco Maresco – recensione del film

Troppo pochi quattro spettatori per un amabile docufilm che è la naturale consecutio di “Belluscone”, precedente opera di Franco Maresco. Vincitore del Premio speciale della giuria alla 76ima edizione del Festival del Cinema di Venezia, il film riparte 25 anni dopo le stragi di mafia di Capaci e di Via D’ Amelio, in cui morirono Falcone e Borsellino, nel tentativo di sondare con la solita grottesca ironia,  la memoria storica dei palermitani,  scoprendone invece un omertoso menefreghismo, attraverso le raccapriccianti facce di individui sempre bizzarri a cui ci ha abituato fin dai tempi dei mostri di “Cinico Tv”.  A passare con nostalgica e lucida e scettica visione, nelle sequenze raccontate ora con rispetto ora con spietato sarcasmo da Maresco, il bellissimo volto e i tre occhi di Letizia Battaglia, figlia anch’ella di quella tanto amata quanto odiata Sicilia, fotografa di fama mondiale che ha testimoniato con le sue immagini l’ orrore della mafia, e qui protagonista del simbolico viaggio in un ormai sbiadito, sorpassato , inafferrabile ricordo. Assieme a lei, il già conosciuto Ciccio Mira, impresario di dubbia capacità imprenditoriale e moralità, che in un  sorpassato, voluto, inquietante, sempreverde bianco e nero, che lo strappa magistralmente dal contesto riconducendolo a un personalissimo limbo già visto in “Belluscone”, ne diventa la superstar assoluta assieme al carrozzone di improbabili artisti di cui si circonda da anni, pronunciando quasi con rimpianto, la fatidica frase che da il titolo al film.
L’ organizzazione di una fantomatica “serata alla memoria” nel totale ostracismo del quartiere Zen di Palermo, intitolata senza convinzione , né arte né parte, “I neomelodici per Falcone e Borsellino”, eroi contro la mafia non per tutti, forse anacronisticamente solo per le nuove generazioni che nemmeno erano nate ai tempi delle stragi ma che ora, inconsapevoli, manifestano sventolando il feticcio dell’ agenda  rossa di Borsellino, è lo spunto per testimoniare tristemente che la massima “gli uomini se ne vanno, le idee restano”, sono ormai una romantica utopia rimasta sotto le macerie di Capaci. E nemmeno la vitalità contagiosa dei capelli multicolore di Letizia Battaglia, ormai ottantenne, quasi dolorosamente dispiaciuta per aver vissuto tanto a lungo da vedere gli orrori e gli errori di questo paese, ma perennemente attiva politicamente e culturalmente, riescono a dare speranza o degna memoria ai magistrati che tentarono di sradicare una coscienza comune aggredita dalle serrate maglie della mafia fino al proprio midollo, e il disincanto di Cristian Miscel, pupillo di Ciccio Mira, artista stonato, fuori tempo e psicologicamente labile co-protagonista di questo melodramma, è la perfetta chiusa del  tragicomico racconto di Maresco.

Recensione di Alessia Brioschi

Categorie:Documentario, Grottesco

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