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Un libro che omaggia il western italiano in Repubblica Ceca – intervista a Jan Švábenický

Parlaci un po’ di te. Dove sei nato e cresciuto? Che studi hai fatto?

Sono nato a Nový Jičín, una città della Moravia-Silesia in Cecoslovacchia (oggi Repubblica Ceca), ma fin dalla prima infanzia sono vissuto e cresciuto a Příbor, città che si trova nella stessa regione (e che é anche il luogo di nascita del psicanalista Sigmund Freud). Dopo la scuola secondaria d’arte a Ostrava sono andato a Olomouc dove frequentavo i studi teatrali, cinematografici e televisivi. Ho sviluppato una specializzazione nella storia e interpretazione del cinema e della televisione italiana, ai quali sono molto interessato. Soprattutto l’ambito dei generi popolari su cui scrivo i miei libri, saggi e articoli per molte riviste di cinema e cultura. In seguito ho conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Nitra in Slovacchia.

Com’è nata la tua passione per il cinema di genere italiano?

Direi che mia grande passione per i generi popolari di cinema italiano è nata proprio nella mia infanzia, quando ho visto il western Il grande silenzio (1968) di Sergio Corbucci che mi ha colpito profondamente con la sua cupezza, crudeltà, malinconia e realismo. É veramente un western molto atipico e diverso dagli altri che ho visto finora. Avevo undici anni e ho guardato il film nonostante il divieto dei miei genitori. In questo titolo di Corbucci ho notato per la prima volta anche le musiche di Ennio Morricone, che mi sono piaciute molto. Da allora ho iniziato a cercare tutti i film con la musica di Morricone e allo stesso tempo a conoscere il cinema italiano. Quindi anche grazie a Morricone iniziavo scoprire i film italiani e nasceva questa grande passione per i generi del cinema italiano come il western, il giallo, il poliziesco, l’horror o il cinema d’azione, di guerra, d’avventura e in costume. Da questo momento in poi, per me è iniziata grande l’avventura attraverso gli schermi con le storie raccontate dai cineasti italiani.

In generale, come rispondeva il popolo ceco a questo tipo di cinema?

In Repubblica Ceca sono molti i fan, ammiratori e collezionisti dei film di genere popolare italiani, ma generalmente l’ambiente ceco è molto conservatore e non molto aperto a questo cinema. Ciononostante, un tempo la distribuzione di questi film era abbondante e apparivano in videocassetta e sui canali televisivi. Negli ultimi anni sono apparsi in televisione, con grande ritardo, alcuni western italiani mai trasmessi prima da noi. La distribuzione ceca del cinema popolare italiano è sempre stata ricca, ma non ha avuto molto spazio nelle riviste cinematografiche professionali e accademiche. C’è ancora molto snobismo, elitarismo e disprezzo nello scrivere di cinema popolare in generale, perché il cinema è ancora in qualche modo visto esteticamente come una “grande arte”. Ma è vero che la situazione è migliorata un po’ con l’arrivo di una giovane generazione di storici e pubblicisti cinematografici.

Esiste un cinema di genere Ceco? Com‘è la situazione da questo punto di vista nel tuo paese?

Generi popolari di cinema cecoslovacco e cinema ceco esistono come in ogni cinema nazionale, perché i generi popolari sono garanzia di stabilità economica dell‘industria cinematografica. Possiamo trovarci western basati su racconti di Jack London come Un canyon tutto d‘oro (1970) diretto da Zdenek Sirový, avventure fantastiche basate su romanzi di Jules Verne come La diabolica invenzione (1958) o I ragazzi del capitano Nemo (1966) diretti da Karel Zeman e soprattutto molti gialli, che hanno una grande tradizione nel nostro Paese. Di successo internazionale sono state le parodie di vari generi popolari realizzate da Oldřich Lipský e Václav Vorlíček. Alcuni registi hanno girato anche film di fantascienza, il più famoso dei quali è Ikarie X B1 (1963) di Jindřich Polák. Una categoria specifica è quella dei cartoni animati e dei film per bambini e ragazzi, la cui produzione è molto ricca. Alcuni generi popolari del cinema cecoslovacco si rifanno alla tradizione della letteratura lirica e poetica, come l‘horror surrealista tratto dal romanzo di Vítězslav Nezval Fantasie di una tredicenne (1970) di Jaromil Jireš. I generi popolari del cinema cecoslovacco rappresentano un grande capitolo di storia di cinema da raccontare, incluse le combinazioni di vari genero. Molti di questi film hanno avuto grande successo nella distribuzione internazionale e sono stati premiati nei vari festival stranieri di cinema, anche in Italia.

È curioso che la tua ultima uscita editoriale sia dedicata a un genere di cui negli ultimi dieci anni si è praticamente scritto tutto (o, almeno, così pare): il western-spaghetti. Com’è nata l’idea di mettere in piedi un nuovo studio al genere? Quale elemento lo differenzia dagli altri, e ti ha dato la spinta per portare a termine il progetto?

C’erano diverse ragioni che mi spingevano a scrivere un libro sul western italiano. Finora non esisteva alcun libro su questo genere popolare nella Repubblica Ceca. Il mio libro si differenzia da altri perché non è un’analisi dello stile cinematografico, della narrazione e dei temi tipici, ma di elementi socio-culturali come l’iconografia cristiana, gli anacronismi, gli aspetti socio-culturali o i paradossi culturali. Ho dedicato molto spazio anche alle strutture di genere e alla musica da film. Il mio libro è anche una revisione storica del western italiano, perché nel capitolo storico introduttivo dimostro, attraverso gli esempi di molti film, che il fondatore e il principale rappresentante del genere non è stato Sergio Leone, come spesso erroneamente si sostiene e che Leone stesso ha smentito in alcune interviste. In realtà, il western italiano nasce nell’epoca del cinema muto, come sottolinea lo storico del cinema Vittorio Martinelli in uno studio. È anche per questo motivo che non amo l’etichetta peggiorativa di spaghetti-western proveniente dal contesto anglo-americano e preferisco il termine western italiano. Anche i western del cinema tedesco, francese o spagnolo sono spesso erroneamente classificati con il termine spaghetti-western.

Quali sono – nei generi / titoli / registi – i tuoi preferiti?

Non ho registi e film preferiti perché ogni film che mi piace è diverso e trovo sempre qualche aspetto interessante in ogni film. Ma devo ammettere che personalmente trovo i western di Sergio Corbucci, ad esempio, molto più importanti e interessanti all’interno del genere rispetto a quelli di Sergio Leone, sebbene anche i suoi film siano molto interessanti. Registi come Sergio Corbucci, Sergio Bergonezelli o Mario Caiano sono stati tra i registi che hanno plasmato i nuovi modelli del western italiano nella prima metà degli anni Sessanta, anche prima dell’arrivo di Leone. Tra i compositori, il vero visionario, rivoluzionario e riformatore della musica per film è stato chiaramente Ennio Morricone, che ha completamente infranto gli stereotipi consolidati e ha creato un nuovo tipo di musica per film basata sulla sperimentazione in senso lato. Credo che anche con Morricone tali composizioni fossero già apparse prima di Leone nei film di Ricardo Blasco e Mario Caiano.

Ci sono state alcuni co-produzioni italiane in territorio cecoslovacco: cosa puoi dirci di loro?

Le coproduzioni italo-cecoslovacche sono molto rare nel periodo dagli anni ‘60 agli anni ‘80, ma in effetti ce no sono alcune realizzate durante il regime comunista. Questi includono due western girati in coproduzione tra Italia, Germania Ovest e Francia, che sono stati girati sia per gli esterni in Cecoslovacchia che negli studi cinematografici Barrandov di Praga. Si tratta di Alla conquista dell’Arkansas (1964) di Paul Martin e I gringos non perdonano (1965) di Ernst Hofbauer, a cui viene assegnata la regia ad Alberto Cardone per la distribuzione italiana. In coproduzione con la Cecoslovacchia, è stato creato il film fantastico Il cavaliere inesistente (1969) di Pino Zac, sulla base dell’omonima opera letteraria di Italo Calvino, che è una combinazione di “live action” e animazione. Uno dei pochissimi casi di film italiano di genere popolare realizzato in Cecoslovacchia è il thriller kafkiano La corta notte delle bambole di vetro (1971) di Aldo Lado, girato a Praga, dove si svolge la storia del film. Il compositore Ennio Morricone, su richiesta del regista Lado, ha incluso nella sua composizione anche un brano da concerto del ciclo Dumky del compositore ceco Antonín Dvořák. Le coproduzioni ceco-italiane e i film italiani realizzati in Cecoslovacchia – e successivamente nella Repubblica Ceca – hanno iniziato a comparire regolarmente solo dopo la caduta del regime comunista nel 1989. Negli anni ‘90 nascono nel nostro Paese produzioni italiane come per esempio il thriller Prova di memoria (1992) di Marcello Alliprandi con Franco Nero, la serie poliziesca televisiva La piovra 6: L’ultimo segreto (1992) di Luigi Perelli o la serie di film fantastici Fantaghirò (1991–1996), per la regia di Lamberto Bava. Lo stesso Bava ha anche diretto altre fiabe e film d’avventura in “location” locali, come Desideria e l’anello del drago (1995), Sorellina e il principe del sogno (1996), La principessa e il povero (1997) e Caraibi (1999).

Per il futuro cos’hai in cantiere?

Ho ancora in testa idee che voglio scrivere almeno per le riviste di cinema. Nella Repubblica Ceca non è molto facile trovare un editore e pubblicare un libro sui generi popolari del cinema italiano. Sono molto fortunato ad aver incontrato Václav Žák della casa editrice Casablanca di Praga, che mi ha dato la fiducia necessaria per pubblicare un libro sul cinema western italiano. Vašek è molto aperto a diversi argomenti ed è molto costruttivo nel discutere nuovi progetti. La prima opportunità di pubblicare il mio primo libro indipendente mi è stata data dall’amico Gordiano Lupi della casa editrice italiana Edizioni Il Foglio, per il quale ho scritto un libro composto da due lunghe interviste ai registi italiani Aldo Lado ed Ernesto Gastaldi. Aldo ed Ernesto sono miei amici da molti anni e sono sempre stati molto disponibili a raccontarmi le loro esperienze personali di realizzazione dei film e sceneggiature.

Intervista a cura di Alessandro M. Colombo

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